All’alba del primo giorno dell’operazione Guardiani delle mura, io e mio figlio ci svegliamo prima che il sole sbuchi al di là dei palazzi del “vecchio Nord” di Tel Aviv. Scendiamo, insieme a Moti, l’inquilino del secondo piano, nel rifugio antimissile condominiale che dal 2014 è stato adibito, con una grossa dose di ottimismo, a parcheggio per le biciclette. Sgombriamo le biciclette, puliamo un po’, mio figlio quindicenne fischietta la canzone Guardiano delle mura, che ha dato il nome all’operazione, e io gli racconto che la canzone cita il verso del libro di Isaiah: “Ho istituito delle guardie sulle tue mura, oh Gerusalemme, quelle non si taceranno mai né di giorno né di notte.” Lui replica che a non tacere né di giorno né di notte sono i missili lanciati dalla Striscia di Gaza verso Tel Aviv, Hamas ci deve ore di sonno, si lamenta, non ti preoccupare, gli fa Moti, faremo quello che abbiamo fatto nel ‘73. Mio figlio continua a essere molto preoccupato per le sue ore di sonno e chiede a Moti perché, che cosa abbiamo fatto nel ‘73, e Moti replica, quello che abbiamo fatto nel ‘67, e alla domanda successiva di mio figlio sono io a rispondere, quello che abbiamo fatto nel ‘56, e quando lui, per stare al gioco, ci chiede che cosa abbiamo fatto nel ‘56, in coro gli rispondiamo: esattamente quello che abbiamo fatto nel ’48. Ridiamo e non sentiamo il bisogno di aggiungere altro. Il telefono di Moti è sintonizzato sulla radio militare, i missili di Hamas si abbattono sulle città e sui villaggi del Sud senza tregua. Zikim, Kerem Shalom, Tushià, dice il cronista, Nir Oz, Tkumà, Zimrat. I nomi dei kibutzim e dei villaggi al confine con Gaza, raccontano una storia fatta di operosità e di ottimismo. Si tratta di insediamenti agricoli fondati all’indomani della nascita dello Stato d’Israele da profughi dell’Europa e del Magreb. I loro nomi rimandano alla vision che ha guidato i fondatori: Zikim vuol dire punto di luce, Kerem Shalom è vigneto di pace, Tushià è la saggezza pratica, l’intraprendenza, dal verso del Libro dei Proverbi, “Egli riserva per gli uomini retti l’utile scienza, è scudo a coloro che procedono con integrità”. Tkumà è rinascita (il kibbutz è stato fondato da un gruppo di giovani sopravvissuti alla Shoah), Zimrat (canto) si ispira al libro dell’Esodo “Il Signore è il mio canto”, mentre Nir Oz, come Nachal Oz e Amioz, rimandano al noto verso dei Salmi “Il Signore dà forza al suo popolo, il Signore benedice il suo popolo con la pace”. Piccole oasi di verde nel deserto del Negev, racconto a mio figlio, che hanno accolto le famiglie evacuate da Gush Katif nel 2005, in seguito al piano di disimpegno unilaterale, parte delle quali erano state evacuate dal Sinai in seguito agli accordi di Camp David del 1978. L’ebreo resta errante anche a casa propria, aggiungo. Raccogliamo qualche lattina trovata tra le biciclette e un mucchio di giornali dell’estate del 2014. Moti sospira. Abbiamo spostato le biciclette nell’androne del palazzo e abbiamo invitato i condomini a portarsele a casa per non ingombrare il passaggio quando suonano le sirene. Però con l’usuale dose di ottimismo abbiamo aggiunto che a breve, quando tutto sarà finito, le potranno riportare giù nel rifugio.