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    Torna il Seder didattico alla scuola Vittorio Polacco

    Alla scuola ebraica Vittorio Polacco, tutto è pronto per l’arrivo di Pesach. Alla presenza di insegnanti e genitori, i piccoli studenti si sono riuniti attorno ad una lunga tavola apparecchiata per recitare il Seder “didattico”, una versione semplificata dei pasti e delle letture religiose che si susseguono ordinatamente in occasione della festa. L’idea è nata molti anni fa con lo scopo di coinvolgere le prime elementari, che, per motivi legati all’orario, non potevano aderire alla tradizionale serata organizzata dalla scuola. Dunque quest’anno torna una tradizione, che conferma il rinnovato investimento culturale e didattico della nostra scuola, come ha sottolineato il Rabbino capo Riccardo Di Segni nel suo saluto ai bambini.

     

    Il Seder didattico rappresenta un momento di convivialità dal valore ebraico e pedagogico, che si articola anche nel rispetto del commensale e nella condivisione del pasto. È il risultato di un intenso lavoro di squadra fra gli insegnanti ed i piccoli studenti, che hanno recitato e cantato i passi più importanti dell’Haggadah, spiegando il significato di Pesach e dei cibi simbolici adagiati sulla tavola. 

     

    “È stato importante, perché dopo molto tempo i ragazzi hanno riscoperto sia la gioia di stare insieme sia le tradizioni, capendo appieno il senso e l’importanza del Seder – ha spiegato a Shalom la morà Giordana Terracina – Sono stati bravi e da subito hanno accolto il progetto con serietà, dedizione ed entusiasmo per realizzarlo davanti ai loro genitori per la prima volta”. Il miglior modo “per tramandare il lungo filo culturale e religioso che intercorre fra le generazioni – ha aggiunto la morà Deborah Coen – Credo che ai bambini sia rimasto molto di questa cerimonia, esattamente come è accaduto a noi quando eravamo al posto loro”.

     

    Sono proprio i più piccoli l’anima della festa, gli stessi che nel canto tipico di “Ma Nishtanà” chiedono «cosa rende questa sera diversa dalle altre?». Pesach non è, infatti, solo l’occasione per raccontare l’esodo ebraico dall’Egitto, ma anche quella per stimolare l’interesse dei più piccoli e spingerli a fare domande per alimentare questioni. Insegna il passaggio dalla schiavitù alla libertà, ma anche l’importanza di riunire le persone fisicamente e spiritualmente. In virtù di ciò, negli scorsi giorni i bambini e le rispettive famiglie hanno deciso di adempiere ad un lodevole precetto, organizzando una raccolta fondi per aiutare numerose famiglie bisognose a trascorrere la festa serenamente. Perché un popolo libero è un popolo unito e “la persona libera è quella che, vedendo le altre in difficoltà, le aiuta – ha spiegato Rav Colombo nel suo intervento – Se non adempiamo alla mitzvà della tzedakà, allora non possiamo essere davvero liberi”.

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