Skip to main content

Ultimo numero Novembre – Dicembre 2024

Scarica il Lunario 5785

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati







    Rosh Ha-Shanà. A chi si addice il titolo di ba’al teshuvà (penitente)?

    di Donato
    Grosser

    Il Maimonide (Cordova, 1138-1204, Il Cairo) nel Mishnè Torà (Hilkhòt Teshuvà, 2:6) scrive:
    “Nonostante che la teshuvà (il
    pentimento, letteralmente “il ritorno”) e la preghiera siano valide in
    qualunque momento, nei dieci giorni tra
    Rosh Ha-Shanà e il giorno di Kippur sono ancor più valide e vengono
    accettate immediatamente”. 

              Il Maimonide spiega che la teshuvà consiste nell’abbandonare il
    peccato, toglierselo dalla mente e impegnarsi a non commetterlo più; pentirsi
    di quello che si ha commesso nel passato e manifestare il pentimento
    verbalmente nella confessione [all’Eterno] (ibid., 2:2). La teshuvà più completa è quella che
    occorre quando una persona si trova nella stessa situazione nella quale aveva
    commesso il peccato e si astiene dal commetterlo perché ha fatto teshuvà e non per qualche altro motivo
    (ibid., 2:1).    

              Nel Talmud babilonese (Berakhòt, 34b) vi è una discussione tra
    due maestri su chi sia superiore: colui che non ha mai peccato oppure colui che
    ha peccato ma ha fatto teshuvà:
    “R.Hiya bar Abba disse a nome di R. Yohanàn: “Tutti i profeti hanno
    profetizzato solo per conto di penitenti; ma per quanto riguarda il giusto
    nessun profeta ha mai visto la loro ricompensa».” R. Abbahu era di diversa
    opinione e disse: “Nel luogo in cui stanno i penitenti non possono stare
    neppure coloro che sono completamente giusti”.

              R. Abbahu si basa sul versetto
    (Yesha’yahu, 57:19) dove è detto: Pace, pace a colui che era lontano e a colui
    che è vicino: colui che era lontano [il penitente] precede colui che è vicino.
    R. Yohanan, invece disse: cosa si intende per “lontano”? Uno che fin
    dall’inizio era lontano dalla trasgressione (il giusto). E cosa si intende per
    “vicino”? Colui che era vicino alla trasgressione e ora se ne è
    allontanato (il penitente).

              R.
    Yehudà Moscato (Mantova, 1530-1593) nell’opera Nefutzòt Yehudà (derùsh 38)
    riassume il commento di questo passo talmudico di R. Yitzchàk ‘Arama (Zamora, 1420-1494, Napoli)  in ‘Akedàt
    Yitzchàk (Devarìm, 100). R.
    ‘Arama sostiene che R. Yochanàn e R. Abbahu non sono in disaccordo l’uno con
    l’altro: R. Yochanàn sostiene che il giusto sia superiore di livello perché non
    ha mai peccato; R. Abbahu sostiene che il penitente ha una ricompensa superiore
    per via dello sforzo che ha fatto per tornare sulla retta via e per resistere
    alle tentazioni.  R. Shemuel Eidels detto Maharsha (Polonia, 1555-1631) offre una
    spiegazione simile: per i penitenti la ricompensa è materiale in questo mondo,
    mentre per i giusti la ricompensa è spirituale.

              R.
    Chanokh Zundel (Russia, m. 1867, Polonia) in ‘Etz Yosef spiega l’espressione di R. Abbahu (“Nel luogo in cui
    stanno i penitenti non possono stare neppure coloro che sono completamente
    giusti”) in questo modo: Il ba’al teshuvà
    non ha bisogno di proteggersi più di tanto dal peccato perché ha già
    controllato i propri istinti e grazie a questo è riuscito a fare teshuvà. È quindi al sicuro dalle
    tentazioni e può andare ovunque. Il giusto invece (che non è stato “inoculato”)
    ha bisogno di maggiore protezione e non può stare in un luogo dove può andare
    un penitente.  

              R.
    Feivel Cohen (Brooklyn, 1937) in una delle sue lezioni spiegò che ba’al teshuvà è colui o colei che ha
    ricevuto un’educazione in una famiglia osservante, ha abbandonato l’osservanza
    delle mitzvòt e poi ha fatto teshuvà ed è ritornato a una vita di
    Torà e di mitzvòt. Coloro che sono
    cresciuti in una famiglia dove l’osservanza delle mitzvòt era minima o nulla e non hanno ricevuto un’educazione di
    Torà e poi hanno studiato e hanno progredito nell’osservanza delle mitzvòt sono denominati erroneamente ba’alè teshuvà, penitenti, perché non
    avendo ricevuto un’educazione di Torà senza colpa loro, non erano mai stati dei
    ba’ale ‘averà
    , dei peccatori.
    Anch’essi fanno parte della categoria dei giusti. 

    CONDIVIDI SU: