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    ROMA EBRAICA

    Roma, svelata l’opera “The Star of David” dedicata a Edith Bruck

    Un nuovo simbolo di memoria e resistenza per combattere l’odio antisemita. Presso la Casina dei Vallati a Roma, è stata inaugurata l’opera murale “The Star of David” dell’artista Alexsandro Palombo, alla presenza della scrittrice e sopravvissuta alla Shoah Edith Bruck. L’evento è stato organizzato dalla Fondazione Museo della Shoah per dare nuova casa al murale, già deturpato a Milano nei mesi scorsi.
    L’opera raffigura Edith Bruck con la bandiera di Israele sopra al suo vestito da deportata.
    Alla cerimonia hanno preso parte figure istituzionali come il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, l’ambasciatore d’Israele a Roma Jonathan Peled, il presidente della Comunità Ebraica di Roma Victor Fadlun, la presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, la senatrice Maria Elena Boschi e il presidente della Fondazione Museo della Shoah Mario Venezia.
    “Spero che queste siano le ultime opere che vengono donate. I tentativi di cancellare le opere che rappresentano Edith Bruck non funzionano. Lei è con noi e nei nostri cuori”, ha dichiarato Mario Venezia durante il suo intervento.
    “Oggi celebriamo un simbolo colpito. Come dice Edith, la memoria è lotta, non cerimonia. Dopo il 7 ottobre non si tratta solo di ricordare, ma di combattere”, ha detto il presidente della Comunità Ebraica di Roma Victor Fadlun.
    La parola è poi passata alla presidente UCEI Noemi Di Segni, che ha ringraziato la testimone Edith Bruck per il suo impegno costante nel testimoniare.
    “Edith, in uno dei suoi versi, scrive che nascere donna, povera, ebrea è troppo per una vita, ma oggi questi elementi sono l’essenziale per andare avanti. Nell’opera, la bandiera potrebbe significare l’ostentazione di un pericolo, ma in realtà è ciò che protegge”.
    Successivamente, il pubblico si è spostato all’interno della Casina dei Vallati per ascoltare la testimonianza diretta di Edith Bruck, moderata dalla giornalista Claudia Conte. La scrittrice, nata in Ungheria nel 1931 e deportata nei campi di Auschwitz, Dachau e Bergen-Belsen, ha raccontato la sua esperienza e l’importanza della memoria.
    “Testimoniare è un dovere morale” ha detto. “Durante la marcia della morte dovevamo spostare i cadaveri. Uno di quei corpi era ancora vivo e mi disse: ‘Racconta ciò che ci hanno fatto’. Da allora, lo faccio. E ciò che mi ripaga della fatica di testimoniare sono le centinaia di lettere che ricevo dai ragazzi”.
    Un evento intenso, che ha saputo unire arte e memoria e che riafferma il ruolo fondamentale della testimonianza nella lotta contro l’antisemitismo.

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