di David Di Segni
La conquista di Gerusalemme mise a dura prova gli ebrei della diaspora, la cui fede si stava man mano perdendo lontano dalle mura del Grande Tempio, il Beit Amikdash. Rabbi Yeuda Hanassì, per sopperire a questa cruciale problematica, pubblicò, dopo una lunga opera di trascrizione, la stesura della “Torah orale” o Mishnà, che fino a quel momento era stata tramandata oralmentenel corso delle generazioni. Suddivisa in sei volumi, la Mishnà raccoglie le Halakot(prescrizioni), gli insegnamenti etici ed anche le discussioni tra i Rabbini in merito a determinati precetti o usi (Ghemarà). Involontariamente la diaspora causò un rafforzamento dell’identità ebraica. Tuttavia questo non bastò, perché gli ebrei dell’esilio si fecero sentire dando vita a delle ribellioni in Egitto, Cirenaica e Cipro, che però si conclusero con forti repressioni. Non ci sono fonti chiare che indichino i motivi del perché tali eventi si siano verificati, ma si pensa che le rivolte furono causate dalla rottura dei rapporti tra ebrei e coloni romani.
Nella lunga stirpe imperiale ben presto giunse il turno di Adriano, successore di Traiano, che fu al comando dal 117 al 138 e.v. ed i cui rapporti con gli ebrei non furono dei migliori. Decise di ricostruire Gerusalemme consacrandola agli dei romani e progettò di costruire un tempio dedicato a Zeus sulle rovine di quello ebraico distrutto da Tito prima di lui. Il tutto venne poi annullato per timore di una nuova rivolta ebraica che era oramai molto vicina. La situazione peggiorò drasticamente quando l’imperatore, come il suo predecessore, proibì la circoncisione. Fu un duro colpo nei confronti degli ebrei ed anche la causa scatenante della “terza guerra giudaica”: inizia la rivolta di Bar Kochbà. L’inviato dall’imperatore per gestire il conflitto fu Giulio Severo, che distrusse mille villaggi ebraici e Gerusalemme, su cui venne costruita una nuova colonia romana: Aelia(dal nome della famiglia imperiale) Capitolina(in onore di Giove Capitolino). Gerusalemme venne distrutta e rinominata Syria Palestinaed il suo ingresso vietato agli ebrei, discriminati sempre di più dai decreti promulgati dall’impero, tra i quali anche quello di revoca degli antichi privilegi che da Cesare in poi erano stato conferiti loro. Gli ebrei di Roma, differentemente dagli altri, non risentirono molto degli eventi che si erano verificati e non subirono rappresaglie. Tuttavia, poiché emotivamente coinvolti con i fatti di Gerusalemme, colsero anch’essi positivamente la notizia della morte di Adriano, succeduto da Antonino Pio. Antonino revocò il divieto di circoncisione agli ebrei e restaurò i privilegi di cui godevano anticamente, liberandoli dai quei doveri verso l’impero incompatibili con l’osservanza della religione. Antonino, prima, e Marco Aurelio, dopo, furono abbastanza elastici nei confronti delle comunità ebraiche, tanto che in quel periodo nacque in Giudea la figura del “Patriarca”, ossia il rappresentante della nazione giudaica, nominato dall’imperatore. Deteneva, similmente ad un monarca, il potere legislativo, esecutivo e giudiziario, ma senza godere di una vera e propria sovranità politica.
Sotto il comando di Settimio Severo, imperatore romano nato in Africa e quindi estraneo alle tradizioni di Roma, gli ebrei ebbero libero accesso alla vita politica. Arrivarono ad ambire al titolo di “Vir Clarissimus”, uomo di chiara fama, che in principio spettava ai soli senatori. Tuttavia, anch’esso proibì le circoncisioni.
Una grande svolta venne attuata dall’imperatore Caracalla, che nel 212 e.v. promulgò la Constitutio Antoniniana De Civitate, la quale conferiva la cittadinanza a tutti gli abitanti dell’impero, ebrei compresi.
La situazione peggiorò drasticamente quando Costantino, uno dei tetrarchi del suddiviso impero romano, ispirato da un sogno, decise di abbracciare la religione cristiana. Il paganesimo diventò una religione non tollerata ed i cristiani, tanto solidali durante le persecuzioni, quando acquisirono una posizione predominante divennero intollerabili verso tutte le altre culture. Gli ebrei risentirono del cambiamento della politica, che mutò negli usi e nelle leggi. Gli antichi privilegi di cui gli ebrei godevano non furono aboliti, ma fortemente limitati agli esponenti delle comunità, così da mostrarsi aperti nei loro confronti per ottenere prestigio politico.
Il Consiglio di Nicea del 325 e.v, presieduto da Costantino stesso, mise la firma sulla trasformazione radicale dell’impero verso il cristianesimo. Questo provocò delle ripercussioni, e non solo ai danni degli ebrei. Vennero distrutti templi pagani e fu vietata la conversione all’ebraismo, che comprendeva la punizione per il convertito e per chi avesse favorito la sua conversione con la confisca dei beni e l’impossibilità di disporne nel testamento. Viceversa, la conversione al cristianesimo fu ben accetta ed incentivata da esenzioni fiscali. Si voleva limitare il proselitismo degli ebrei. Tuttavia, il tribunale ebraico ed annesso diritto non persero il loro prestigio, nonostante alcuni avessero acquisito la cittadinanza e quindi l’obbligo di seguire il diritto romano. La politica di Roma nei confronti delle minoranze divenne di una tolleranza fittizia.
L’intento originale di Costantino fu sempre quello di riuscire a convertire gli ebrei, ma senza successo.