Il ruggito dei motori, la voglia di fare gruppo, il desiderio di raccogliere ebrei lontani e vicini attorno alla passione delle motociclette. Tutto questo prende il nome di “Maccabi Roma Motoclub”, un collettivo nato dall’idea di Sandro Di Nepi, che a Shalom ha raccontato cosa lo ha spinto a realizzare questo progetto.
“Sono cinquant’anni che vado in moto, ed ho sempre frequentato Motoclub di vario tipo. Tutti facevano i raduni, allora ho pensato ‘perché non farlo anche noi?’ – spiega Di Nepi – L’idea era quella di avvicinare, grazie alle moto, tutti i correligionari delle varie comunità ebraiche d’Italia e d’Europa”.
L’intuizione nasce in prossimità delle Maccabiadi di Gerusalemme, quando il Presidente del Maccabi Italia, Vittorio Pavoncello, invitò Sandro a Londra per un incontro con degli ebrei che, in moto, si sarebbero diretti in Israele per l’occasione. Da lì la necessità e la voglia di portare quella realtà anche in Italia. Ad oggi, oltre a quello di Roma, esiste solamente il Motoclub di Londra.
Il progetto è stato accolto con grande entusiasmo dalle istituzioni ebraiche italiane. Quello delle moto è “uno strumento che permette di raccogliere, attorno ad una passione, quanti più correligionari possibili. Stiamo cercando di contattare le altre comunità per coinvolgerne sempre di più”.
Il Motoclub, nato in collaborazione con Stefano Sonnino, ha infatti raggiunto questo obiettivo raccogliendo adesioni da tutta Italia. Per dare carburante al progetto, nei giorni 8-9-10 ottobre è stato organizzato un evento, che prevede la visita di Ancona, Senigallia, Corinaldo, i castelli di Arcevia ed Urbino. Un’occasione per “per stare insieme e visitare splendidi luoghi – scrive il Maccabi Italia su Facebook – come è nello spirito del nostro Motoclub, di mettere in contatto amici di varie comunità ebraiche in Italia attraverso la comune passione per le due ruote”.
Dunque, l’obiettivo è “ravvicinare tutti, anche coloro che vivono l’ebraismo da lontano – conclude Sandro – Se noi li avviciniamo, non andranno persi. È un modo per ricordarci, e ricordargli, che le distanze possono accorciarsi e che possiamo essere tutti vicini”.
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