Qual è stata la molla che ha mosso il progetto di rinnovamento della scuola?
Le nostre scuole sono il cuore della Comunità ebraica, il luogo in cui si forma l’ahdut, l’unione, il senso d’appartenenza comunitaria che ci accompagna per tutta la vita, che si rafforza sempre di più ma è lì che nasce. L’istruzione dei nostri figli non ha soluzione di continuità tra la casa e la scuola. Ma i nostri istituti, per conservare e incrementare la loro eccellenza, devono essere riorganizzati. Non abbiamo più spazio per il numero crescente dei nostri studenti, per palestre e laboratori. Il Palazzo della cultura, intanto, ha margini enormi di sviluppo: con la chiusura del cortile potremo allestire campi sportivi di basket e pallavolo, spogliatoi e gradinate per il pubblico.
In che modo?
La scuola stessa, al di là della didattica, costituisce uno spazio autonomo per le nostre squadre sportive che devono diventare anch’esse, sempre di più, delle eccellenze, sul modello delle scuole straniere in cui lo sport è intrinsecamente legato alla didattica. Le nostre infrastrutture sono, e ancora di più saranno, le uniche di questo livello nel centro storico di Roma. A ciò si aggiunge la disponibilità, ottenuta grazie a molta perseveranza e lavoro, del fabbricato abbandonato da decenni nel vicolo di Ambrogio, a pochi metri dalla Piazza. Abbiamo parlato col Comune, trovando terreno fertile nel Sindaco, Roberto Gualtieri, nell’Assessore al Patrimonio e alle Politiche Abitative Tobia Zevi e in tutta la Giunta, ottenendo la concessione per trent’anni, in cambio di ristrutturazione e manutenzione. Lì potremo spostare il Liceo Renzo Levi, che oggi convive nello stesso edificio con i più piccoli e necessita di essere indipendente. Il suo trasferimento, sempre nel cuore del quartiere ebraico, permetterà di accogliere nelle nostre scuole più studenti ebrei. I palazzi saranno entrambi ristrutturati al meglio dello stato dell’arte. Ci aspettiamo un grande ritorno con le nuove iscrizioni.
Quali saranno i cambiamenti significativi e come si potrà fruire di questa nuova realtà?
Il sogno sta diventando realtà. Avremo per le nostre scuole edifici moderni, con infrastrutture sportive di livello agonistico e crescita dei nostri gruppi sportivi e delle organizzazioni giovanili. L’ultimo piano del Palazzo della Cultura diventerà agibile, gli spazi del sottotetto saranno resi disponibili per nuove funzioni. Parliamo di oltre 1500 metri quadrati totali in più, e spazi per le attività comunitarie legate alla scolastica, al Collegio Rabbinico, alle associazioni giovanili.
Come immaginate l’organizzazione degli spazi, dall’asilo Elio Toaff al Liceo, passando per elementari e medie?
L’asilo rimarrà dov’è, ma non come è. Gli ambienti saranno tutti ristrutturati. All’inizio avevamo l’idea di trasferire anche gli asili in Piazza, ma alcuni problemi legati fra l’altro al parcheggio ci hanno indotto a lasciarli dove sono. Le elementari e medie andranno nel Palazzo della Cultura, insieme ad altre funzioni oggi a Lungotevere Sanzio, liberando e mettendo a reddito metà di quel fabbricato.
Per la realizzazione del progetto c’è una grande sinergia tra CER e alcune realtà internazionali che hanno scelto di finanziare il rinnovamento delle scuole ebraiche. Quale è la genesi di questa collaborazione? Perché hanno scelto Roma?
La Ronald S. Lauder Foundation collaborava con la Comunità ebraica di Roma già da diversi anni, con una donazione annuale di circa 150.000 euro in borse di studio. Questo rapporto, iniziato da Riccardo Pacifici, è proseguito con Ruth Dureghello. Diventato io presidente, ho incontrato più volte Ronald Lauder a New York e siamo entrati in sintonia, con lui e col Ceo della Fondazione, Josh Spinner, di cui apprezzo la grande competenza. E ho capito che si poteva osare di più ed erano maturi i tempi per proporre un grande progetto di rilancio e ammodernamento delle nostre scuole, per il quale servono 25 milioni di euro. Dopo di loro, si è avvicinata una seconda grande istituzione, la Yael Foundation, che in tempi molto rapidi ha aderito al progetto, abbracciandone la visione. Grazie al loro contributo iniziale di 14 milioni di euro e ad altre donazioni riusciremo già a coprire 22.5 milioni, alla Comunità resta da raccoglierne 2.5.
Pensare alla scuola ebraica del futuro significa anche pensare all’insegnamento e alla crescita in termini culturali, intellettuali ed ebraici: ci saranno novità anche in questo ambito? Se sì, quali?
Con le due maggiori fondazioni di charity ebraiche abbiamo convenuto di implementare la gestione manageriale delle scuole. Partiamo da un ottimo livello, ma è necessario fare un salto nel futuro e raggiungere la qualità delle scuole più competitive a livello mondiale. Le due fondazioni si sono offerte di individuare un manager con esperienza nel mondo della didattica, che verrà a Roma per la due diligence e per indicare i possibili miglioramenti organizzativi, che saranno realizzati con il loro sostegno. Abbiamo l’assicurazione che verrà rispettata la nostra autonomia decisionale e l’indipendenza scolastica.
Che cosa significa per la Comunità attribuire una dimensione internazionale alla scuola?
Significa maggiori possibilità di successo per i nostri ragazzi. I futuri confini delle loro opportunità coincideranno con il mondo, ma sempre col cuore nella nostra città e nella nostra Comunità.
Qual è l’obiettivo a lungo termine di questo progetto in un contesto molto complesso? Qual è la visione della CER sul futuro?
Le comunità ebraiche stanno attraversando ovunque un periodo difficile. Ma le crisi rappresentano anche occasioni di crescita. Abbiamo il dovere di lavorare per garantire il massimo ai nostri figli e a chi verrà dopo di loro. Scoraggiamento e pessimismo provengono da sitrà achrà, dall’altro lato. Noi abbiamo fiducia in D-o e nella vita.