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    La trama nascosta della Torà e delle nostre vite

    Dal limmud in memoria di Michael Stefano Gaj Taché z.l., Tempio Maggiore, Sheminì Atzeret 5783

    Alla fine della Torà, nella parashà di Wezot Haberakhà che si legge a Simchat Torà, si parla della morte di Moshè. Nel versetto Devarim 34:7 è scritto: E Moshè aveva 120 anni nel giorno della sua morte, ma il suo occhio non si era oscurato (kahatà) e la sua freschezza non se ne era andata via (nas). La Torà ci vuole dire che Moshè stava bene fisicamente, e ciò è considerato un miracolo, perché generalmente le persone di quell’età soffrono di acciacchi. Rabbenu Bechayè, commentando questo versetto, nota che la parola che indica “andare via”, nas, si scrive come nes, miracolo. Ma perché fra tutti gli acciacchi possibili la Torà parla solo dell’occhio?

     

    Una risposta ci può venire da un altro caso in cui si parla di “occhi oscurati”, riguardo a Isacco (ringrazio il giovane ba’al qorè di diversi battè keneset di Roma, Moshe Leghziel, per avermi fatto notare il collegamento). In Bereshit 27:1 la Torà scrive: Quando Yitzchaq divenne vecchio e i suoi occhi si erano oscurati (watikhèna) tanto da non vedere più, chiamò Esaù suo figlio maggiore… Il seguito è noto. Isacco vuole benedire il primogenito, gli chiede di andare a caccia (tzàyid) e di portargli dei manicaretti come piacciono a lui. Rivqà, sua moglie, giocando sul fatto che Isacco non ci vede bene, orchestra una macchinazione per far sì che la benedizione del primogenito vada al figlio minore Giacobbe.

     

    Rashì, per spiegare perché la vista di Isacco si fosse oscurata, fornisce tre diverse spiegazioni, fra le numerose riportate dal Midrash. La prima afferma che ciò avvenne perché le mogli di Esaù, di famiglie pagane, bruciavano incenso agli idoli. La seconda spiegazione dice che, quando il giovane Yitzchaq fu legato da suo padre Abramo sull’altare a faccia in su, “i cieli si aprirono, gli angeli del servizio divino videro [quello che stava per succedere], si misero a piangere, e le loro lacrime scesero e caddero negli occhi di Isacco; per questo motivo i suoi occhi si velarono”. Per la terza spiegazione, l’oscuramento della vista di Isacco avvenne affinché Giacobbe potesse ricevere la benedizione dei primogeniti.

     

    In altre parole, Isacco ricevette dal Cielo una menomazione fisica che gli causava sofferenza per poter, a sua insaputa, indirizzare il destino del popolo ebraico in modo diverso da quanto lui avrebbe voluto.

     

    Rabbi Yaaqov ben Asher, noto come il Ba’al haTurim, l’autore del Tur, un testo fondamentale della Halakhà che sta alla base dello Shulchan Arukh, ha anche scritto un popolare commento alla Torà. Per motivare la debolezza della vista di Isacco riporta una spiegazione inaspettata (anch’essa basata sul Midrash): Isacco si fece corrompere dal figlio Esaù. E noi sappiamo dalla Torà che la corruzione acceca gli occhi dei saggi e di coloro che vedono (Devarim 16:19 e Shemot 23:8).

     

    In che modo Isacco si faceva corrompere da Esaù? Il Midrash si basa sulla parola tzàyid (caccia), che abbiamo visto prima e ricorre anche in Bereshit 25:27-28. Al versetto 28 è detto: E Isacco amava Esaù perché gli piaceva la caccia (lett. “aveva la caccia in bocca”). I commentatori si chiedono: la bocca di chi? Il senso semplice è la bocca di Isacco: gli piaceva la cacciagione, la selvaggina. Ma il Midrash afferma che si tratta della bocca di Esaù e interpreta “caccia” nel senso di “trappola”. Esaù riusciva a “intrappolare” con la sua bocca il padre Isacco e a imbrogliarlo. Quando Esaù tornava a casa la sera, Isacco gli chiedeva: Dove sei stato oggi, figlio mio? E quello rispondeva: Sono stato al Talmud Torà, ho studiato questo e quello, ciò che è vietato e ciò che è permesso. E poi Esaù chiedeva al padre se il sale fosse soggetto al prelievo della decima. Isacco si compiaceva di avere un figlio così attento e scrupoloso nell’osservanza delle mitzwot fin nei minimi dettagli. Ecco come Esaù corrompeva suo padre! 

     

    Ora che abbiamo visto perché Isacco divenne cieco, capiamo anche perché Mosè non diventò cieco. Neanche un asino ho preso da loro, né ho mai fatto male ad alcuno di loro, esclama Mosè al Signore durante la contesa con Qorach e gli altri ribelli (Bemidbar 16:15). I re si appropriano dei beni dei singoli, ma non così Moshè, che era assolutamente onesto e incorruttibile.

     

    Il Midrash e i commentatori ci aiutano a chiarire i significati e i collegamenti nascosti del testo della Torà. Purtroppo per capire gli eventi della nostra vita non abbiamo a disposizione il Midrash e i commentatori delle nostre vite sono spesso dei ciarlatani. Abbiamo però noi stessi. Non è facile capire perché ci capita quello che ci capita. E anche quando raramente pensiamo di aver capito qualcosa, non avremo mai la certezza che le cose stiano come crediamo.

     

    C’è un passaggio nel libro di Gadiel Gaj Taché, Il silenzio che urla (p. 19), che mi ha ricordato il Midrash su Isacco legato sull’altare. Scrive Gadi:

    Inoltre, molte schegge mi avevano colpito in testa e stavo per perdere la vista da un occhio ma anche in questo caso, evidentemente, il Signore decise di salvarmi e di guidare le mani dei miei angeli che riuscirono a estrarre gran parte delle schegge dalla testa e dall’occhio, permettendomi di continuare a vedere il mondo.

    Gli angeli del cielo hanno salvato la vita di Isacco con le loro lacrime che hanno fermato la mano di Abramo, marcandogli però indelebilmente gli occhi e indebolendoli. Gli angeli di Gadi gli hanno salvato la vita e gli hanno anche ridato la vista. Gli angeli di Gadi sono i medici, ma noi siamo uomini di fede e crediamo che le mani e le menti dei medici siano state guidate dagli angeli del cielo.

     

    Che gli angeli del cielo aiutino Gadi e la sua famiglia e tutta la nostra comunità a trovare le trame nascoste per capire cosa ci è successo e ci consentano “di continuare a vedere il mondo”.

     

    Yehì zikhrò shel Michael ben Daniela weYosef barùkh weHaShem yinqom damò

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