di Miriam Spizzichino
La popolazione ebraica nel Ghetto arrivava a circa 7000 persone. Erano così tante, ma pur sempre poche per fare matrimoni che non fossero tra parenti. Nell’antichità ci si sposava anche tra cugini di primo grado. Quando le donne si maritavano lasciavano la “scola del padre” per prendere quella del marito: ciò significava che una donna di origine sefardita poteva avere benissimo un cognome ebraico romano.
Dietro ogni cognome c’era una storia legata alla propria vita e noi ne siamo andati a scoprire alcuni.
“Della Seta”, “Funaro” e “Sacerdoti” sono tre cognomi che indicavano i mestieri delle persone a cui appartenevano.
I “Zarfati”, invece, erano chiamati così per via della loro origine geografica, la Francia. Ma altri ancora, come i “Sermoneta”, avevano il cognome della città dove vivevano prima che Papa Pio V obbligò gli ebrei ad andare nel Ghetto di Roma o di Ancona.
Ci sono poi cognomi ebraici poco conosciuti come “Orefice” (di origine siciliana) o “De Rossi” (di origine romana).
I “Di Castro”, invece, hanno una storia particolare: il cognome fa, infatti, riferimento ad un ricco feudo toscano dove si trovava l’allume, che era un minerale indispensabile per la tintura dei tessuti. Gli ebrei ne erano abili commercianti.
Non tutti i cognomi, però, riescono ad avere una storia. Ad oggi non risulta ancora definita chiaramente l’origine di alcuni come i “Del Monte” o i “Di Porto”. Quale era la loro storia? Molte sono state perse e altre ancora sono in attesa di essere scoperte.