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    La Guerra del Kippur e una lettera per Roma: ‘’I ragazzi arrivavano di corsa con il Talled in mano’’

    Per ricordare il cinquantesimo anniversario della Guerra del Kippur, riportiamo di seguito una lettera pubblicata su “Shalom” nell’ottobre del ‘73 che ci restituisce la cronaca di quei drammatici giorni. Miki racconta nella missiva ai genitori in Italia cosa accade: il repentino passaggio dai momenti di preghiera durante Kippur al campo di battaglia, la sorpresa dell’attacco, la mobilitazione della popolazione israeliana animata da un forte senso di appartenenza e solidarietà: i giovani che vanno al fronte, i civili preparano rifugi e donano il sangue e i bambini che aiutano come possono. 

     

    Gmar Hatima Tovà, Carissimi.

    Giorno 6. Sono stata così felice di avervi potuto parlare stasera nonostante tutte le difficoltà sopravvenute all’ultimo momento. Non so quando potrò spedirvi la presente ma vi prometto che la prima lettera a lasciare Israele sarà la vostra.

    Sapevamo da una quindicina di giorni che qualcosa si stava preparando nel Golan e quando sono stata per il week-end a Mayashrim era evidente che lo scoppio era molto vicino ma tutti pensavamo ad una azione localizzata e non ad una guerra.

    Ieri sera Dany che mi è molto amico è arrivato in licenza dal Sinai dove serve in una postazione radar, poi Alex è arrivato dal Golan, ma nello stesso istante una jeep militare è venuta a prelevarlo e Noemi ha fatto solo in tempo a dargli un po’ di biancheria pulita prima che raggiungesse la sua compagnia sul Golan. Ma eravamo senza radio e senza notizie, tutto era chiuso per motivi religiosi da ieri alle 2 del pomeriggio. Ciononostante tutto sembrava calmo ma quando sono uscita stamane invece di trovare le strade deserte c’erano macchine dell’esercito che hanno incominciato a circolare, dei camion, degli autobus con dei grandi manifesti «Esercito, servizio di difesa ecc… » Poi una serie di doppi «bang» degli aerei e allora la gente ha capito che una tale infrazione alla legge del Kippur significava che qualcosa di grosso stesse avvenendo.

    Poi sono stata chiamata ad un punto di prelevamento per soldati in caso di emergenza e ho passato lì tutta la mattinata. Vedevo arrivare soldati correndo da tutte le parti e con tutti i mezzi di locomozione disponibili per aspettare i camion militari che regolarmente si fermano per portarli sui fronti.

    È stato uno spettacolo straziante dato che la maggior parte di questi ragazzi erano accompagnati dalle famiglie ed alcuni arrivavano ancora con il talled in mano (erano appena stati prelevati dal Tempio) e se lo levavano in attesa del camion. C’era un giovane ufficiale che aveva indossato la camicia dell’esercito su un paio di blue jeans e una signora anziana, la nonna, che cuciva velocemente un distintivo militare sul pantalone regolare; è arrivata in tempo a finire mentre arrivava il camion. Purtroppo lo stesso camion era già lontano quando è giunto trafelato e correndo con tutte le sue forze un ragazzino con un paio di stivaletti e una sacca militare. Egli ha talmente pianto che la signora anziana lo ha preso in braccio ed era talmente commossa che piangeva quanto lui; è stato a questo punto che non sono più riuscita a trattenere le mie lacrime.

    Il mio vicino è appena sceso per salutarmi con il suo cane lupo; entrambi hanno già fatto la guerra dei 6 giorni. Sua moglie faceva eroici sforzi per sembrare calma e naturale.

    L’allarme ha interrotto il silenzio nel quale eravamo immersi e allora la radio ha annunciato che eravamo in guerra e che la trasmissione avrebbe avuto carattere continuo.

    Degli ordini sono stati dati per l’oscuramento e i ragazzi che ne sono responsabili sono scesi in tutti i palazzi al fine di preparare i rifugi, come glielo hanno insegnato a scuola con riserve di lumi, candele e acqua.

    Giorno 8. Dany è stato ferito e non potrò mai dimenticare il viaggio che ho fatto in compagnia di sua madre per andare all’ospedale di Gerusalemme; questa povera donna, ignara di quanto era successo al figlio e che pregava Dio con fervore per ritrovarlo «intero». Per fortuna Dany non è grave, gli hanno tolto chili di piombo dalla schiena, dalle braccia, ma lui non si dà pace preoccupandosi soltanto del luogo dove sarà rimandato uscendo dall’ospedale, in quanto la sua postazione è stata rasa al suolo di sorpresa.

    La popolazione si dimostra pari all’esercito e non è poco. Ci sono troppi volontari dappertutto e la radio ripete continuamente che le banche del sangue hanno una riserva massima e prega i donatori di non presentarsi più per non ingombrare i servizi.

    I bambini hanno funzione di postini e si incaricano di togliere le immondizie. Le donne si sono presentate nelle fabbriche al posto dei mariti e il primo sforzo dell’Italia in questo conflitto è forse quello rappresentato dalla mia automobile con la quale faccio trasporti di truppa.

    Ieri ho accompagnato il Generale in un ospedale militare. È stata una cosa atroce vedere in una camera dei giovani senza braccia, senza gambe, alcuni ciechi che pregavano le signore venute con regali di non farlo più versando ogni lira al Governo.

    Abbiamo bisogno di denaro, ancora denaro, null’altro che denaro.

    E tu, mamma cara, aiuta Aviva quanto puoi e cerca di fare quanto facesti durante la guerra dei 6 giorni raccogliendo il massimo che puoi.

    I nostri ragazzi sono meravigliosi e il loro morale è alle stelle.

    Lavoro giorno e notte con tutto il cuore, non siate preoccupati per me, siamo al sicuro e sono io che mi preoccupo sapendo quanto tremiate per me.

    Mamma manda soldi, papà fai il massimo per questo Paese per il quale darei la mia vita.

    Giorno 9. Ho appena saputo della morte di Dany; non ce la faccio più a scrivere.

    Telefonerò stasera

    Miki

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