Skip to main content

Ultimo numero Novembre – Dicembre 2024

Scarica il Lunario 5785

Contatti

Lungotevere Raffaello Sanzio 14

00153 Roma

Tel. 0687450205

redazione@shalom.it

Le condizioni per l’utilizzo di testi, foto e illustrazioni coperti da copyright sono concordate con i detentori prima della pubblicazione. Qualora non fosse stato possibile, Shalom si dichiara disposta a riconoscerne il giusto compenso.
Abbonati







    La Guerra del Kippur e i 100 chili d’oro: “Sarà per Israele il petrolio degli ebrei romani”

    Fu per libera scelta e non per cedere a un ricatto che cinquant’anni fa gli ebrei romani si mobilitarono per raccogliere 100 chili d’oro da destinare ad Israele durante la Guerra del Kippur. Accadde proprio nella ricorrenza della razzia del 16 ottobre 1943: con un senso di rivalsa nei confronti della storia, memori di ciò che avevano fatto i loro genitori e nonni e della raccolta dei 50 chili d’oro estorti dai nazisti agli ebrei romani, un gruppo di persone ebbe l’idea “di rispondere al petrolio arabo con l’«oro di Roma», quello dei braccialettini delle donne, delle catenine dei figli” come ci racconta la cronaca riportata a caldo da “Shalom” dell’epoca. In quelle ore arrivarono in migliaia in comunità e chi aveva donava per aiutare Israele. C’erano anche i sopravvissuti ai campi di sterminio. Ad un certo punto arrivò Settimia Spizzichino… Ripercorriamo la vicenda della raccolta dei 100 chili d’oro attraverso le pagine di “Shalom” di ottobre – novembre 1973…

     

    La raccolta dei 100 chili d’oro

    “Nata fra molte polemiche e alcune incertezze, l’iniziativa di raccogliere l’oro nella ricorrenza del 16 ottobre, ha dimostrato nei fatti la sua validità. Già dalle prime ore della mattina un flusso ininterrotto di persone ha cominciato ad affollare la stretta scala che porta ai locali del centro sociale che erano stati disposti per la raccolta.

    Un’enorme e vitale confusione di donne, bambini, gente semplice che portava il proprio «oro» di famiglia. Alcuni si sfilavano la fede (che veniva però rifiutata) altri facevano offerte inconsuete: chi un terreno e, nel caso di una signora vedova e nemmeno troppo abbiente, l’appartamento, la propria unica rendita.

    Ad un certo punto è venuta Settimia Spizzichino, l’unica donna fra i deportati del 16 ottobre che sia tornata dai campi di sterminio. Aveva parlato poco prima alla radio sulla sua tragica esperienza nella rubrica «Il Gazzettino» e aveva concluso con espressioni di speranza per la pace. Quasi tutti l’avevano ascoltata e le donne vedendola si commuovevano «Settimia, mi ha fatto piangere».

    Qualcuno aveva già regalato il suo oro, qualcuno ancora no, la tendenza era di rimanere sul posto a discutere e commentare, e i dirigenti si dovevano sbracciare a pregare la gente di fare largo e di recarsi a parlare altrove. I sacchetti di carta si riempivano e andavano a riempire altri sacchi mentre gli incaricati della Keren Hayesod si affannavano a scrivere le ricevute. In serata la raccolta aveva già superato il termine prefissato di 100 kg. Si è prolungata ancora nella mattinata seguente.

    Oltre all’oro da fondere sono stati raccolti e messi da parte per la vendita un numero considerevole di oggetti di pregevole fattura e perciò non adatti allo squaglio.

    Il petrolio degli ebrei di Roma

    Pochi li conoscono con il loro vero nome, ma li chiamano come già chiamavano i loro padri, con soprannomi coloriti che hanno dietro chissà quali storie lontane: i personaggi caratterizzanti del vecchio ghetto di Roma, personaggi che non riflettono la composizione media dell’ebraismo italiaпо, professionisti, piccoli e medi borghesi, ma costituiscono proletariato ed in qualche caso sottoproletariato. In più sono tra i non molti autentici romani rimasti a Roma. È tra loro che ha trovato terreno l’idea-sfida di raccogliere in un giorno – nello stesso giorno in cui esattamente trenta anni prima i tedeschi razziavano il ghetto deportandone gli abitanti – il doppio dell’oro estorto dai nazisti alla fine di settembre del 1943 con la mendace promessa di lasciare salva la vita degli ebrei. 50 chili d’oro chiesero ed ebbero i nazisti, 100 chili si sono ripromessi di raccoglierne gli abitanti del ghetto, oggi. «Non possiamo sempre subire ha detto qualcuno di loro – quei tempi sono finiti e non lasceremo che ritornino». Così hanno deciso, forzando la mano dei dirigenti della Comunità, assai perplessi, di dare il via all’operazione di raccolta destinata a Israele.

    I rapporti tra questi ebrei romani e Israele sono improntati tutti al sentimento, ma dietro a questo sentimento c’è la consapevolezza che Israele rappresenta la salvaguardia non tanto della vita quanto della dignità ebraica: e qui a Roma la dignità ebraica è stata per troppi secoli calpestata dai Papi perché il ricordo non diventasse atavico e strutturale. Non sanno forse molte parole d’ebraico, nessuna forza al mondo li spingerebbe a lasciare la città in cui si perdono le loro origini, ma sono sordi agli eleganti «distinguo» dei comunisti sull’antisemitismo.

    Loro che sionisti non sono hanno avvertito che nella guerra contro Israele c’è qualcosa di più che un confronto politico e militare.

    La loro risposta alla quarta guerra mediorientale non è stata forse in un primo momento così emotivamente drammatica come nei giorni del giugno 1967 quando sembrava che Israele dovesse soccombere trascinando nella caduta tutto il popolo ebraico, ma via via che i particolari del potenziale bellico arabo sono venuti alla luce l’emozione di allora è tornata. Gli ebrei della «piazza» non hanno forse molte sottigliezze politiche, ma hanno sentito delle potenti batterie missilistiche fornite agli arabi dall’URSS insieme con i carri armati, le artiglierie, e tutte le armi sofisticate della guerra moderna. E soprattutto sanno di quanto denaro dispongono gli arabi.

    Da qui l’idea-sfida di rispondere al petrolio arabo con l’«oro di Roma», quello dei braccialettini delle donne, delle catenine dei figli.

    Il 16 ottobre 1973 sono affluiti a migliaia. Forse non avevano in tasca le 10.000 lire da lasciare, ma l’oro si, perché il popolo romano ha sempre amato i monili, quelli che si possono portare al Monte di Pietà nei momenti difficili e ritirare prima delle feste, delle nascite, dei matrimoni dei «bar-mizwà», le maggiorità religiose dei figli.

    Questa risposta popolare ha prima stupito i dirigenti comunitari, poi li ha sommersi nell’ondata emotiva.

    Il traguardo dei 100 chili d’oro è stato raggiunto. Sarà per Israele il petrolio degli ebrei romani. Ma un petrolio infinitamente più faticato.

    CONDIVIDI SU: