Da decenni, ormai, la fine dello Yom Kippur è seguita dalla trasmissione radiofonica di Rai Radio 1, che permette di rivivere le parti più significative della giornata: lo Yafuzu Oyevecha, El Norà Alilà, il suono dello Shofar e la benedizione sacerdotale. Istituita dal Rabbino David Prato, la diretta è rivolta a coloro che sono stati impossibilitati a recarsi in Sinagoga per cause di salute o distanza. Un richiamo alla fede, una liturgia che si sparge in tutto il paese chiamando a raccolta la spiritualità di ognuno.
Negli anni, sono stati numerosi i cronisti Rai che si sono susseguiti alla conduzione della trasmissione. Dopo Fabrizio Noli, il testimone è passato al giornalista Luciano Cozzolino, della Redazione Esteri-Vaticano e del Giornale Radio Rai, che in un’intervista a Shalom ha raccontato le emozioni provate durante la funzione. “Una serata particolare. È un concentrato di emozioni poter assistere a queste manifestazioni di fede. Riesco ancora ad emozionarmi quando mi trovo sul posto”.
Lo Yom Kippur è il giorno più solenne per gli ebrei di tutto il mondo, i quali si stringono attorno al proprio popolo in un misto di melodie e ritualità dalla antica tradizione. “Ci sono dei gesti, dei riti veramente antichi di millenni che mi emozionano. Impressiona la coralità, il popolo diventa un corpo unico. Si vede l’unità della comunità nella preghiera e nella fede”.
Non è solo il giorno dell’espiazione, ma della riconciliazione al Signore e al prossimo. Ed ecco allora che il senso di unità si materializza, suscitando emozioni indescrivibili a chi assiste alla cerimonia. In questa giornata, più che in altre, il filo che lega le generazioni del popolo ebraico sembra ispessirsi e palesarsi nella ritualità. “Ho assistito alla benedizione sacerdotale, in cui i padri benedicono i figli. In disparte c’era una mamma che copriva il capo al figlio. Ho pensato che fosse una vedova. Mi ha colpito profondamente quel gesto, quella madre che si sostituiva al padre, in una tradizione così antica, e che sorrideva al figlio coprendolo con lo scialle bianco”.
La trasmissione ha un enorme impatto emotivo anche nei confronti di chi appartiene ad altre culture, permette loro di approcciarsi in maniera alternativa all’ebraismo. Perciò la cronaca di questo evento si fa ancora più difficile: bisogna trovare il perfetto equilibrio per soddisfare un pubblico interno ed esterno all’argomento. Infatti “per raccontare questa cerimonia si va con i piedi di piombo. Bisogna fare attenzione a ciò che si scrive, è necessario studiare e prepararsi. Non si improvvisa nulla. Quanto scritto viene concordato con la Sinagoga, perché ci vuole massimo rispetto nei confronti della tradizione di questo profondo messaggio di fede. Spero di condurla ancora per un po’ e lo faccio con enorme piacere”.
Le voci che animano le preghiere e le melodie nel corso della diretta sono quelle dei Rav Alberto Funaro e Cesare Efrati, dopo i quali prende tradizionalmente la parola il Rabbino Capo di Roma, Rav Riccardo Shemuel Di Segni, per pronunciare il messaggio augurale. Tra i molti espressi nel corso degli anni, uno dei più toccanti terminava con queste parole del profeta Isaia: “Allora la tua luce esploderà come l’aurora e la tua guarigione spunterà rapidamente, la tua giustizia ti precederà e la maestà del signore ti seguirà”.
Questo piccolo spazio radiofonico, spiega Rav Funaro, raggiunge “tutti gli ebrei italiani, non solo romani. Alcuni si collegano anche da Israele”. Serve, allora, per fornire supporto a chi soffre, per dare una casa a chi è distante, e per unire, anche solo per poco tempo, l’intero popolo ebraico sparso nel mondo.