L’orologio non si ferma mai e a volte lo spietato tic tac del congegno viene vissuto più come una bomba a orologeria che sta per esplodere, anziché rappresentare il semplice trascorrere del tempo. Esso ci riporta a rivivere le emozioni, quali il dolore e la gioia, fasi costanti, inesorabili della nostra vita. I momenti passano giorno dopo giorno, anno dopo anno, ma i ricordi rimangono e questo il tempo lo sottolinea scandendo momenti precisi dell’esistenza delle persone, periodi di gioia ma anche di grande dolore… Ricordi che ci riportano indietro nel tempo e ci rammentano episodi, discorsi, vicende già accadute.
Era il 1960, precisamente il 10 gennaio, quando Rav Elio Toaff, allora Rabbino Capo di Roma, rivolgendosi alla comunità ebraica riunitasi nel Tempio per la “Commemorazione del Martire ebreo”, giornata che corrisponde alla data ebraica del 10 di Tevet (dicembre-gennaio) durante la quale, con un digiuno, il Rabbinato centrale d’Israele volle dedicare questo giorno al ricordo della Shoà definendolo Yom Kaddish Klalì ( giorno del kaddish generale), ovvero una giornata per poter ricordare le vittime della catastrofe nazista, compresi coloro che non hanno parenti e dei quali non si conobbe il giorno in cui furono uccise.
In quella giornata Rav Elio Toaff affermò in maniera molto risoluta che in: “Quasi tutta Europa erano riapparse sui muri delle case […] quegli stessi emblemi che gli ebrei videro nel momento che i loro carnefici li stavano conducendo alla morte”. Parole molto gravi che ho potuto leggere nella sua relazione scritta per quell’occasione che ho rinvenuto nell’Archivio storico della Comunità ebraica di Roma (ASCER) “Giancarlo Spizzichino”. Egli proseguì asserendo: “Noi non credevamo che a distanza di così pochi anni tali manifestazioni di odio verso gli ebrei avrebbero potuto verificarsi ancora, perché ritenevamo che la Shoà […] avrebbe dovuto far inorridire coloro che videro la strage di uomini, donne, vecchi e bambini […] Intanto però la propaganda dei nostalgici del crimine può liberamente far presa nel nome della pacificazione degli animi e del perdono per porre nuovamente le basi per un ritorno al vecchio regime”.
C’è da dire che nel discorso di Rav Toaff ritroviamo i tratti di un uomo molto attento, ironico ma straordinario ed efficace anche nella quotidianità. Negli anni ’60 l’area dell’ex ghetto fu spesso oggetto di scorribande della peggior teppaglia fascista, che faceva riecheggiare in quei luoghi i biechi slogan della propaganda antisemita costituendo al tempo stesso una minaccia fisica per i residenti.
Dunque Rav Toaff con questo suo discorso al Tempio non fece che scagliarsi contro questi pericoli tanto che con grande fervore ribadì: “Facciamo sentire alta la nostra voce, il nostro grido di allarme […]. Le manifestazioni di questi giorni non devono essere sottovalutate […]. Ed allora perché non si fa nulla per reprimere la nefasta propaganda di chi è responsabile dei mali di ieri e delle minacce di oggi?”. Tutto ciò che Rav Toaff disse in quella giornata ovviamente non riguardava gli accadimenti del momento attuale, ma sicuramente c’era un “avvertimento”, un monito su ciò che in seguito sarebbe potuto accadere. Allora… forse… non serve un orologio per ricordare… possiamo fare memoria di un tempo passato all’interno di noi stessi, un tempo che lascia, invece, uno strascico di malinconia nel popolo ebraico, ma soprattutto ci dà un segnale, ci avvisa che qualcosa di preoccupante sta per accadere nuovamente come nei secoli passati.
Probabilmente questo è il tempo dedicato ai bilanci, a idee da realizzare e a valutazioni sul passato e su quello che avverrà in futuro? Ma la memoria della Shoà… il ricordo di un passato ancora troppo doloroso, infausto, catastrofico, rende ancora più sensibile il popolo d’Israele di fronte a ciò che ha reso possibile il dramma del 7 ottobre 2023, quando intere famiglie israeliane sono state sterminate.
Una tragedia che il Rabbino Capo di Roma Rav Riccardo Di Segni ha ricordato con parole molto chiare intervenendo alla 35esima Giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei all’Università Gregoriana. Un discorso misurato e lineare improntato sulle molte contraddizioni nella Chiesa dopo gli attacchi di Hamas e su una teologia regredita. Un discorso di Rav Riccardo Di Segni che ha riecheggiato e ricordato le parole del suo Maestro Rav Elio Toaff: coscienza dell’importanza del suo ruolo come prosecutore di una storia, custode e trasmettitore dell’ebraismo, responsabilità, dedizione, onestà, sensibilità. In Rav Di Segni ritroviamo elementi comuni al suo predecessore quali, ad esempio, saper affrontare le emergenze, effettuare scelte ardue in situazioni estreme e prendere decisioni non sempre popolari dialogando con interlocutori talvolta difficili. Sono proprio queste capacità gli indicatori che rivelano la misura e la tenuta di un’eredità storica, di un “passaggio di consegne” che fa di Rav Riccardo Di Segni, sebbene caratterialmente diverso da Rav Elio Toaff, il suo discepolo ed erede nel ruolo.
Lilli Spizzichino
Collaboratrice dell’ASCER