Tra i massimi riconoscimenti ai quali può aspirare un soldato israeliano durante il suo servizio militare, vi è quello consegnato dal Capo di Stato, Yitzhak ‘Bougie’ Herzog, durante il Giorno dell’Indipendenza, Yom Ha Atzmaut, in una cerimonia solenne trasmessa su tutte le reti televisive nazionali. Quest’anno, tra i 120 soldati meritevoli di tale riconoscimento, vi è anche un soldato Made in Italy. Più nello specifico, Made in Rome. Daniel Pavoncello è il suo nome e alcuni lettori, forse, lo riconosceranno come il vicino di casa, il compagno di giochi o l’amico del figlio ai tempi delle elementari. Oggi, Daniel è un soldato israeliano a tutti gli effetti, con il viso abbronzato, le spalle larghe e le mani ruvide.
«Sono nato e cresciuto a Roma, ho sempre studiato nella scuola ebraica e quando ho compiuto 15 anni ho deciso di intraprendere una nuova strada – mi racconta – All’epoca sapevo solo l’italiano e desideravo imparare altre lingue, desideravo allargare i miei orizzonti, non limitarmi alla realtà alla quale ero tanto abituato. Così ho fatto l’Alyia». La determinazione di Daniel comincia ad emergere sin dai primi anni dopo il trasferimento. «Ho concluso gli esami di maturità con il massimo dei voti. Credevo di imbattermi in maggiori difficoltà, ma con grande sorpresa tutto mi è sembrato estremamente semplice lungo il percorso», dice senza nascondere una punta di delusione. Dopo aver deciso di intraprendere gli studi universitari, un viaggio inaspettato a Roma stravolge i suoi piani. «Ero tornato in visita giusto per qualche giorno, ma sono rimasto poi bloccato in Italia per quattro lunghi mesi, per via del Covid e del primo inaspettato lockdown».
Chiuso tra le mura di casa sua, a Roma, Daniel capisce di voler dare maggiore significato alla propria vita e di testare ancor di più i suoi limiti. «Avevo deciso di arruolarmi come combattente nell’esercito israeliano. Sentivo di voler restituire ad Israele tutto ciò che avevo ricevuto. E poi, troppo abituato a stare a casa a studiare, volevo riscoprirmi in un nuovo contesto. Volevo mettermi alla prova, vedere fino a dove posso spingermi con il mio corpo e la mia mente». Lo stesso istinto che aveva spinto Daniel a fare l’Alyia anni prima, dunque, ora lo stava spingendo ad arruolarsi.
Comincia così l’esperienza del giovane neo soldato nell’unità di combattimento di Kfir. «Ho superato i primi mesi di addestramento, ma non sentivo di aver toccato ancora il limite delle mie possibilità. Era impegnativo, certo, ma non era infattibile». Mentre racconta la sua storia, mi rendo conto di quanto Daniel sia diverso dai suoi coetanei, da questa nostra nuova generazione troppo abituata alla comodità e all’ozio. «Perché è così importante per te arrivare allo stremo delle forze?» gli domando. «Perché non faccio le cose giusto per farle. Non mi basta essere bravo, voglio essere il più bravo. È una questione di realizzazione personale» mi risponde con semplicità disarmante.
La prova successiva alla quale Daniel decide di sottoporsi, dunque, è quella del corso per diventare comandante. Corso che supera, ovviamente, con grande successo. «Il mio obiettivo ora è quello di lasciare la mia impronta nei soldati più giovani, quelli che si sono appena arruolati. Voglio trasmettere loro l’amore per la nostra patria e la felicità nel servirla. Io dico sempre che se non ci mettiamo noi in prima linea per difendere Israele, nessuno lo farà al posto nostro. Tanto vale farlo allora con il sorriso, no?». Il motivo per il quale Daniel è stato scelto dal Capo di Stato per questo importante riconoscimento mi è sempre più chiaro.
Quando gli chiedo come gli è stata comunicata la grande la grande notizia, il giovane soldato Made in Rome scoppia a ridere e racconta imbarazzato: «Mi avevano convocato per parlarmi di un eventuale riconoscimento, senza specificare quale. Dopo qualche minuto dall’inizio dell’incontro, ho detto che non avevo molto tempo da perdere, che i miei soldati mi stanno aspettando e che l’unica cosa che mi interessa davvero sono loro. Se avessi saputo che si trattava del riconoscimento di Herzog, probabilmente sarei stato un po’ più educato. Ad ogni modo, l’incontro si è presto concluso e l’indomani mi è arrivato un messaggio nel quale si annunciava che ero ufficialmente invitato alle prove della grande cerimonia. Solo dopo aver visto la reazione dei miei compagni, ho capito l’importanza della nomina».
Il nostro incontro si conclude con una riflessione, nonché un messaggio che Daniel ha voluto trasmettere ai lettori: quelli che sono cresciuti con lui a scuola o che l’hanno visto crescere. «Ci sono tante persone che vengono in Israele in vacanza, che godono della bellezza di questo paese, di ciò che il sole e il mare di Tel Aviv hanno da offrire. Ecco, vorrei chiedere loro di non dimenticare mai che, se tutto ciò è possibile, se ogni ebreo del mondo può godere del mare di Tel Aviv, è perché un giovane soldato israeliano sta difendendo in quel preciso istante il suo Paese», afferma con decisione e poi conclude: «Se non ci fossero loro, oggi non ci sarebbe Israele».