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    Il Primo Ministro Benjamin Netanyahu alla Comunità Ebraica di Roma: “Siamo un solo popolo unito dalla fratellanza”

    È una serata particolare quella in cui il Primo Ministro dello Stato d’Israele Banjamin Netanyahu viene accolto dai rappresentanti della Comunità ebraica al Tempio Spagnolo. I Premier israeliani hanno fatto, negli anni, della visita alla comunità romana una consuetudine. E altrettanto consueto è l’abbraccio della comunità alle cariche dello Stato d’Israele. Ma per Netanyahu si tratta del momento più difficile dal punto di vista interno al Paese durante i suoi mandati, mentre il terrorismo palestinese miete vittime e la minaccia del nucleare iraniano si fa più forte ogni giorno. Proprio durante la sua visita corre veloce la voce tra i presenti di un attentato terroristico palestinese appena avvenuto a Tel Aviv e che ha colpito tre civili israeliani.

     

    “In questo posto siamo tutti insieme, (come) fratelli” esordisce il Primo Ministro e le sue parole vengono accolte da un applauso. Per lui è l’occasione per ribadire la vicinanza reciproca con le comunità della diaspora: “Vogliamo ricordare che siamo un popolo unito con un passato e un futuro comune. Prego chi ha la possibilità, di perseguire ciò per cui ci siamo battuti: la fratellanza d’Israele”. Ma se ciò che unisce le comunità nel mondo e Israele è l’unione del popolo ebraico, quello che li accomuna sono anche i mali, le prove, le piaghe della Storia. Così è Netanyahu a ricordare per primo come proprio vicino al Tempio Spagnolo il 9 ottobre dell’ ’82 il terrorismo palestinese ha colpito e ucciso il piccolo Stefano Gaj Tachè.

     

    Con i presenti il Primo Ministro ha voluto poi condividere sfide e conquiste dello Stato d’Israele. “L’Iran, con il suo armamento nucleare, spaventa l’Europa e tutto il mondo, e dovremmo provare a non farci sopraffare da questa potenza. Incontrerò il presidente del consiglio Meloni e vorrei porle i miei timori rispetto a tanti argomenti, tra cui l’Iran”.

     

    Guardando al futuro ha poi detto: “Abbiamo la possibilità di essere il centro del mondo, di dare energia all’Europa e al mondo intero. Vogliamo portare avanti anche gli Accordi di Abramo, e allargarli anche ad altri Paesi, Arabia Saudita in primis”.

     

    Ribadendo il legame bimillenario che lega la Terra d’Israele e gli ebrei romani, la Presidente della Comunità Ebraica di Roma ha affermato come nessun evento tragico abbia mai scalfito questo rapporto indissolubile. “Non c’è riuscito neanche l’attentato palestinese il 9 ottobre 1982 quando sotto una pioggia di proiettili e granate, all’uscita di questa sinagoga, quaranta persone rimasero ferite e un bambino di due anni, Stefano Gaj Tachè fu barbaramente ucciso”. Dureghello, in un discorso che chiaramente si rivolge a tutti, ha ricordato la lezione della Storia: “In quegli anni terribili il clima ostile verso Israele invitava gli ebrei a disconoscere il rapporto identitario con Israele, a prendere le distanze dalle scelte dei suoi governi. Questa Comunità non si piegò al ricatto morale di chi voleva imporre l’assunto per cui per essere cittadini italiani bisognasse condannare Israele”.

     

    “Noi siamo dalla parte dello Stato d’Israele perché l’antisemitismo che si cela anche sotto l’antisionismo non permette divisioni e o spazi in cui insinuarsi. – ha proseguito la Presidente, dando voce al rispetto profuso e indiscusso della Comunità alla democrazia israeliana: “l’unico auspicio che possiamo rivolgere è che il popolo d’Israele possa continuare ad essere unito nelle sue diversità e differenze”. 

     

    La presidente delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, ha sottolineato l’attenzione che gli ebrei italiani rivolgono alla realtà israeliana, e ha esternato preoccupazione per le divisioni interne al Paese e per gli atti di “violenza”.

     

    Ma intanto al centro di Tel Aviv scorre il sangue di cittadini israeliani colpiti di nuovo dal terrorismo in un attentato poi rivendicato da Hamas. Sono 14 le vittime israeliane, uccise dai terroristi palestinesi, che si contano tragicamente da gennaio ad oggi.

     

    Colto dalla notizia dell’attentato a Tel Aviv, il Rabbino Capo di Roma Riccardo Di Segni ha pronunciato parole di partecipazione al dolore e vicinanza: “Siamo Scioccati. È una situazione che ci dà il polso di una realtà drammatica. Siamo “Am ehad” ed è una ferita che colpisce tutti quanti”. Il Rabbino, commentando brani della Torà che si leggono questo Shabbat, è tornato sul tema delle divisioni: “Si può sistemare qualsiasi lacerazione, e la soluzione sta già dentro la famiglia, cominciando dai genitori. Anche un popolo è come una grande famiglia. Essere ebrei, ovunque e sempre è stato ed è difficile, il nostro è un percorso continuo in salita tra problemi esterni e problemi interni. Non è mai una condizione normale. Ma noi continueremo malgrado tutto a salire e migliorare tenendo ben presenti i messaggi che ci vengono dall’antichità e che dobbiamo tenerci cari”.

     

    Netanyahu riceve la notizia dell’attentato dal segretario militare Avi Gil, che gli sussurra all’orecchio quanto avvenuto. Così il Premier torna a parlare alla stampa, c’è anche quella israeliana, e ai presenti, per esprimere la vicinanza ai feriti. “Continueremo a costruire la nostra nazione, continueremo a ad approfondire le nostre radici e a costruire il nostro futuro comune. Come fratelli e sorelle”.

     

    Se da un lato la Comunità ebraica di Roma ha voluto ribadire a Netanyahu il sostegno incondizionato ad Israele, dall’altra parte si è aperto un dibattito all’interno del mondo ebraico su ciò che sta accadendo.

     

     

     

     

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