Alcuni anni fa, studiando una pagina di Talmud, provai una profonda emozione, che immediatamente condivisi, quasi incredulo, con gli allievi e docenti presenti in quel momento al Collegio rabbinico. Stavo consultando un’edizione moderna del Talmud pubblicata in Israele nel 1982, di impostazione rabbinico-accademica a cura di Rabbi Dr. A. Zvi Ehrman con testo originale ebraico/aramaico e traduzione inglese. Nell’ampio commento e apparato di note di storia, linguistica, natura ecc. era citato Mario Sed, ossia il Morè Moshè z.l. Credo che questa sia l’unica citazione di un rabbino italiano del Novecento in una edizione del Talmud. Il Morè Moshè è stato uno dei più popolari Maestri che la Comunità ebraica di Roma abbia avuto nel secolo scorso, con un grande impatto sugli allievi della Scuola ebraica, del Collegio rabbinico e della Comunità in generale (è stato manhigh del Tempio Spagnolo e dell’Oratorio Di Castro di via Balbo). Negli ultimi anni della sua vita fu rabbino a Bologna, grazie a una benemerita iniziativa di rav Scialom Bahbout, all’epoca direttore del Dac. Gli piaceva auto-definirsi il “rabbino con la valigia”, visto che stava continuamente in viaggio.
Perché il Morè Moshè è citato in un volume di Talmud? Il motivo è che in una certa pagina (Berakhot 62a) si parla dell’uso di indicare con la mano destra i te‘amim, i segni musicali della lettura della Torà. I movimenti della mano eseguiti dal segan (assistente) servono per facilitare al chazan la lettura cantata del testo, un po’ come fa il direttore d’orchestra. Nel commento di Rashì al Talmud è riportato che questa usanza era diffusa fra gli ebrei di Eretz Israel. Come è noto, molti usi della tefillà di rito romano derivano direttamente dal minhag di Eretz Israel e infatti l’usanza di accompagnare i te‘amim con la mano è da tempo presente nella Comunità di Roma. L’uso è presente anche fra gli ebrei dello Yemen e dell’isola di Djerba, molto meno o per nulla in altri minhaghim e solo recentemente si è diffuso nelle comunità di tutto il mondo. Il Morè Moshè fu consultato dal prof. Israel Adler, uno dei massimi esperti di musica sinagogale ebraica, per conoscere la tipica tradizione romana. Le informazioni che il Morè Moshè gli diede furono riportate, insieme a molti disegni esplicativi, in un suo saggio (I. Adler, Histoire de la musique réligieuse juive, in J. Porte, Encyclopédie de musiques sacrées, vol. 1, 1968, pp. 472-3) e da questo testo sono state riportate nella nota nel volume del Talmud citato. Alcuni di questi disegni sono presenti anche in una voce della Enciclopedia Judaica (sec. ed., vol. 13, p. 657) e una copia completa dei disegni si trova nella biblioteca di Emanuele Pacifici z.l.
Vorrei aggiungere un ricordo personale. Il Morè Moshè era mio insegnante di materie ebraiche alla Scuola media: vedendo che ero portato per gli studi ebraici, mi propose di frequentare il Collegio rabbinico. Ma io non sapevo bene cosa significasse intraprendere questo percorso di studi, e perciò esitai. Gli dissi: “Ma non posso fare il rabbino, non sono intonato!”. Evidentemente avevo le idee un po’ confuse sugli studi rabbinici… Comunque, il Morè mi guardò profondo negli occhi e mi disse: “Be’, potrai essere utile all’ebraismo italiano anche in altro modo”. Ho ancora in mente quello sguardo come se fosse ieri. Mi ci vollero diversi mesi per capire che il consiglio del Morè era quello giusto, e così iniziai a frequentare il Collegio. Il Morè Moshè insegnava, fra le altre materie, la Mishnà. All’inizio della lezione, tirava fuori dalla cartella un foglio e scriveva sulla lavagna tutte le parole ebraiche nuove, accanto alla traduzione, e poi noi allievi iniziavamo a leggere il testo e a spiegarlo. Se qualche parola non la conoscevamo, bastava alzare gli occhi. Oltre a essere un ottimo metodo di insegnamento, che tutti dovrebbero prendere a esempio, era questa un’indicazione che il Morè preparava le lezioni con molta cura. Il Morè Moshè ha lasciato diversi scritti inediti, in particolare traduzioni di testi ebraici sulla Tefillà e delle Hilkhot de‘ot del Mishnè Torà del Rambam: alcune sue opere sono state pubblicate a cura di rav Umberto Piperno, altre attendono di esserlo.
Il Morè Moshè è salito nella Scuola celeste il 27 Adar 5742, compianto da tutti i suoi allievi, amici, colleghi e la comunità tutta. Yehì zikhrò barùkh, che il suo ricordo sia di benedizione.