Incontro nella scuola ebraica con il campione Simone Perrotta e il giornalista Angelo Mangiante.
“Adotta un campione”. Questo il nome del progetto voluto dalla professoressa Flavia Petruccioli con l’intento di portare all’interno della scuola ebraica gli sportivi in attività o ex. Lo scopo è quello di coinvolgere gli studenti in tematiche che vanno dalle regole delle varie discipline, al rispetto per il prossimo. “I personaggi dello sport sono dei veicoli importanti – ci spiega la professoressa di storia e filosofia del Liceo Renzo Levi – Per i ragazzi sono delle icone e come tali sono ascoltate più della gente comune”.
Ad essere ospite dell’istituto, Simone Perrotta, ex calciatore della Roma e Campione del Mondo. “Ho conosciuto Perrotta durante il Viaggio della memoria ad Auschwitz – prosegue la Petruccioli – L’ho invitato per parlare di sport, ma anche di quello che ancora oggi accade negli stadi dove si verificano episodi di razzismo e antisemitismo. Correggendo gli invalsi mi sono resa conto che i ragazzi non capiscono quanto sia importante lo sport anche per creare motivazioni e dare insegnamenti morali. Ne ho parlato con i vice preside ed è nato questo progetto”. Al quale hanno partecipato i ragazzi delle terze medie e del biennio del liceo, quelli che a detta dei professori sono ancora plasmabili e più propensi ad imparare gli insegnamenti.
All’evento ha partecipato il presidente della Comunità Ebraica, Ruth Dureghello, il vice presidente Ruben Della Rocca, il presidente del Maccabi Alfi Tesciuba ed alcuni insegnanti. “Il tifo è una cosa bellissima – ha esordito la Dureghello – ma lo è se si fa col cuore e col cervello. Come tutte le passioni vanno coltivate, ma con i dovuti limiti. Ringrazio il vice presidente Ruben Della Rocca che sta lavorando molto per questo. Una delle poche volte della mia vita sono stata allo stadio in occasione di Roma-Barcellona. Quello che ho visto è stato uno spettacolo bellissimo. Gli stadi sono luoghi di aggregazione e deve esserci rispetto. Sempre più spesso leggiamo cose brutte che ci allontanano, ma non perdete la passione”. Le fa eco Ruben della Rocca. “Si vince nella vita, ma si perde anche. E quando accade bisogna saper accettare la sconfitta”.
I ragazzi sono stati impazienti di rivolgere le loro domande a Perrotta, che era affiancato da Angelo Mangiante, giornalista di Sky. “Sono veramente contento di essere qui – ha commentato l’ex centrocampista – perché mi piace avere un rapporto diretto con voi ragazzi, rispondere alle vostre curiosità, che poi sono quelle dei miei figli. Dobbiamo lavorare in sinergia con la scuola, gli istruttori, i professori per dare gli strumenti per combattere i tanti problemi che troverete nel percorso della vita”.
Dal fondo dell’Aula Magna prende coraggio il primo intervistatore “in erba” che gli domanda se perdere una partita è come prendere un brutto voto. “In quest’ultimo caso dipende solo da te stesso, perché si vede che non ti sei preparato bene. Invece la sconfitta avviene perché, anche se dai tutto, trovi un avversario più bravo. È proprio in quel momento che ti interroghi e cerchi di capire il perché lui ha vinto e tu hai perso. Ho avuto modo di allenare dei ragazzi che erano in una posizione di classifica pessima eppure non gli ho mai detto di vincere a tutti i costi sottovalutando i rapporti interpersonali. I risultati sportivi servono ai professionisti, quello che conta è l’insegnamento di vita. Noi adulti dobbiamo indicarvi la strada e darvi gli strumenti per barcamenarvi nelle difficoltà. Nella sconfitta si migliora e si cresce di più. Ho giocato con gente più dotata di me, ma io avevo più cuore e motivazioni, che sono la benzina della nostra vita”. Poi i ricordi di una vita. “Ho lasciato casa a 13 anni e girato, avendo la fortuna di conoscere e giocare con grandi campioni come Zidane e Totti dai quali ho imparato molto. A Roma all’inizio ho vissuto un periodo difficile, sono arrivati addirittura a minacciare la mia famiglia”. Spazio anche a ricordi bellissime come le vittorie. “Quella del Mondiale è stata bellissima, ma io non me le sono mai godute a pieno perché ho rimuginato sulle sconfitte”. Infine l’addio al calcio. “Avrei potuto andare in America, ma per il benessere dei miei figli ho rinunciato. Anche in Italia ho avuto offerte, ma mi è sembrato giusto chiudere con la maglia della Roma”.
I ragazzi del Liceo hanno realizzato un video con i gol di Perrotta che si è detto emozionato nel rivedersi in azione. Poi un consiglio agli studenti. “Cercate di vivere bene la scuola, non soffermatevi sul voto, ma cercate di dare il massimo, così otterrete risultati eccezionali”. Interviene Ruben Della Rocca che ricorda il viaggio ad Auschwitz. “Perrotta e Tommasi (altro ex giallorosso è presidente dell’AIC) erano con noi in quella circostanza e ricordo bene la loro reazione. Ho notato che volevano vedere qualcosa in più degli orrori. Il mondo del calcio è quello dove c’è più passione. Spesso c’è solo cuore e non c’è cervello, invece serve quello. Noi mettiamo i tefillin sul braccio, ma anche sulla testa. Cuore e testa devono andare nello stesso senso di marcia”. Tocca al vice presidente della comunità rivolgere una domanda all’ex centrocampista. Si sentono ancora i “buu”razzisti e ci sono discriminazioni nel mondo del calcio. Dopo quel viaggio oggi come reagiresti? “Quell’esperienza mi ha lasciato un solco, ma vi dico che a volte in campo non senti gli insulti. Ho avuto la fortuna di giocare con calciatori che venivano da tutte le parti del mondo e ho avuto la possibilità di capire e di confrontarmi con le diverse culture e abitudini che rispetto. Chi non lo fa è povero. Quello va emarginato, allontanato, denunciato. Se sentissi un coro io attirerei l’attenzione dell’arbitro perché non si può giocare. Bisogna aiutare i compagni in difficoltà.” Scherzando sul tifo giallorosso, in netta maggioranza tra i ragazzi, Perrotta ha aggiunto: “Non lasciate solo il laziale portatelo con voi. Il bullo è uno sfigato”.