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    Gli ebrei a Roma nell’età di Raffaello. Convegno online organizzato dal Museo Ebraico di Roma e dall’Archivio Storico della Comunità

    Mercoledì 9 dicembre. Per celebrare l’arrivo presso il Museo ebraico di Roma di un nuovo reperto risalente agli inizi del Cinquecento si è scelta la via del convegno telematico. 

    Un ritorno a casa. Così la presidente della comunità di Roma Ruth Dureghello ha descritto la consegna di un’antica lapide applicata nella Via Juderorum – vicino Piazza Giudia – nel 1508 per volontà di Giulio II. La targa è un pezzo di storia, simbolo di una vivace presenza ebraica a Roma in epoca rinascimentale, ben precedente all’istituzione del Ghetto nel 1555 per mano di papa Paolo IV Carafa. 

    A seguire le parole di Olga Melasecchi, direttrice del Museo ebraico di Roma, che ha ringraziato la soprintendenza capitolina per aver ceduto tale targa in comodato d’uso.

    Un incontro durato più di quattro ore e diviso in due parti: la prima relativa agli aspetti urbanistici di Roma e alla demografia della sua comunità ebraica, la seconda incentrata sulla storia artistica degli ebrei romani in epoca rinascimentale. 

    Divenuta Roma meta prediletta per i molti profughi ebrei cacciati dalle terre spagnole nel 1492, continua la storica Anna Esposito, la sua comunità subisce un notevole incremento demografico. Molti di coloro che provengono dalla Castiglia e dalla Catalogna preferiscono rimanere fedeli alla propria identità prendendo sempre più le distanze dai loro correligionari romani. 

    E ancora la storica Serena di Nepi che ricorda il 1524 come l’anno in cui papa Clemente VII redige lo statuto della comunità ebraica a Roma.

    É in questi anni, aggiunge il professore Guglielmo Villa, che ne viene trasformata la struttura urbana. Un intervento che non si limita a modificare l’assetto delle vie, ma intende altresì modernizzare l’intera società. 

    A seguire i racconti di Federica de Giambattista sugli aspetti più tecnici della lapide: dalla storia antica a quella recente, passando per la traduzione dal testo in latino fino ai lavori di restauro, testimoniati da fotografie del prima e del dopo.

    Tanti gli interventi che hanno arricchito i presenti. Tra pergamene rinvenute, frammenti di alberi sefirotici e iconografie ebraiche, Emma Abate e Olga Melasecchi ci hanno regalato un’istantanea di un mondo tanto lontano quanto interessante.

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