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    Esistere e continuare ad esistere – Una voce ebraica nella Roma del Dopoguerra

    In occasione del Giorno della Memoria del 2022 s’intende presentare il numero speciale de La Voce della Comunità Israelitica di Roma del 16 ottobre 1953 (7 hesvan 5716), pubblicato in occasione del decennale della prima deportazione degli ebrei da Roma.

    In quella occasione furono riportati anche due contributi importanti dell’allora Rabbino capo di Roma Elio Toaff e del suo predecessore, David Prato, scomparso due anni prima.

    Il primo sottolineava, tra le altro, l’importanza di connettere anche i fenomeni più drammatici della storia del popolo ebraico al Disegno divino e invitava a non perdere la volontà di combattere per la giustizia e di utilizzare ogni tragedia per riprendere il cammino della ricerca dell’osservanza delle mitzvoth (i precetti ebraici).

    Nel suo intervento, scritto a distanza di due anni dalla deportazione degli ebrei della capitale e dall’eccidio delle Fosse Ardeatine, Prato sosteneva, tra le molte affermazioni di grande rilievo, l’importanza della Memoria come insegnamento fondamentale per la formazione delle future generazioni. Vista con gli occhi odierni sembra un’affermazione scontata, quasi banale. Tuttavia, all’epoca, soprattutto dopo l’amnistia del 22 giugno 1946, vi era una forte volontà generale di dimenticare, di ricominciare senza fare i conti con il recente passato. Ed è per questo che tale monito risultava in controtendenza e molto avanti con i tempi.

    Forse, ancora più importante è come rav Prato intendeva la vendetta degli ebrei nei confronti di chi li odiava: esistere e continuare a esistere, mantenendo inalterata la fiducia in Dio e nella Vita, combattendo ogni forma di scetticismo, di egoismo e di materialismo.

    In qualche modo, gli faceva eco Eliahu Sasson (ambasciatore israeliano in Italia dal 1953 al 1960) che ricordava come ebrei non furono passivi nella lotta contro il nazifascismo. Al contrario, attraverso la Brigata Ebraica (costituita da 30.000 uomini su 700.000 ebrei presenti nell’allora Palestina mandataria) questi si batterono con onore per la liberazione dell’Europa dal giogo dei nazisti e da quello dei loro alleati. Questi ebrei, furono, altresì, fondamento, anche morale, della costituzione del neonato Stato d’Israele.

    Affermava ciò non dimenticando che il libro bianco del 1939, pubblicato dalle autorità britanniche, che impedì a molti ebrei di salvarsi nella Terra di Israele governata dagli inglesi, di fuggire dall’Europa, condannandoli a morte certa.

    Si può affermare che Hitler, tra i suoi nemici, ebbe molti alleati nello sterminio degli ebrei.

    Agghiacciante è l’articolo di Massimo Adolfo Vitale (Torino, 13 novembre 1885 – Civitavecchia, 5 maggio 1968), militare, storico e romanziere, noto anche per il suo impegno nel reperimento delle informazioni sugli ebrei deportati. Il suo contributo era imperniato sul processo a Rudolf Franz Ferdinand Höß (Hoess) il primo comandante del campo di stermino di Auschwitz. Dal racconto emerge la figura di un normotipo apparentemente in contrasto con le atrocità commesse. Questi sosteneva che aveva rispettato le volontà e di Hitler e di Himmler e che pur di eseguire i loro ordini avrebbe ucciso moglie e figli. È questa la banalità del male? Un tema dirompente, soprattutto per l’epoca.

    Infine, nel numero speciale furono riportate le prime liste dei trucidati alle Fosse Ardeatine e dei deporti della collettività ebraica di Roma. Furono  redatte tra mille problemi nel reperimento di fonti certe anche per comprendere sulla base di quali dati i nazifascisti stilarono gli elenchi degli ebrei catturati.

    Tutti gli articoli, scritti circa settanta anni fa, hanno mantenuto un’attualità straordinaria e rappresentano un’ulteriore occasione per farci riflettere su quanto accaduto ma attraverso la voce di chi aveva vissuto in prima persona quelle tragedie delle quali avevano ancora una viva e dolorosa memoria.

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