Chi non ha mai organizzato un tipico evento Jewish Style? Che sia un matrimonio, un Brit Milah, o un Bar/ Bat Mitzvà ci vuole impegno, inventiva, tempo, e…pazienza. Ecco, immaginate di passare giorni, mesi o anni, a pianificare un Bar o un Bat mitzvà, per vedere tutto il lavoro fatto sfumare davanti ai propri occhi pochi giorni prima. Cancellato, rimandato a data da destinarsi. Questo è esattamente quanto accaduto a queste famiglie durante la Pandemia. Feste, ricevimenti, posticipati ma soprattutto Parashot pronte per esser cantate, completamente cancellate pochi giorni prima del grande giorno. È successo a ciascuna di queste famiglie, di cui Shalom ha ascoltato le storie.
“Mio figlio avrebbe dovuto mettere i tefillin il 12 marzo, recitare Arvit (la preghiera serale) il 13 e leggere la Torah il 14 marzo. Dopo la cerimonia era stato programmato un pranzo in un locale vicino al tempio. Nei giorni precedenti avevamo già cambiato la data del tempio del sabato per permettere di mantenere le distanze tra gli ospiti. Purtroppo, la sera del lunedì è arrivato il provvedimento che imponeva il lockdown con conseguente chiusura delle sinagoghe. Abbiamo informato Joseph (I nomi sono di fantasia) – mio figlio – con molto tatto perché sapevano che per lui significava vanificare mesi di studio e aspettative. Aveva studiato l’intera Parashà- Naturalmente avevamo già pronti abiti, locale. Ma non era quello di cui ci importava. Quanto la delusione del bambino- ha spiegato il padre a Shalom- Così, abbiamo deciso di non aspettare la possibilità di fare feste e balli ma di fargli fare il bar mitzvà il prima possibile. Il primo giorno di riapertura delle sinagoghe a Shavuot Joseph ha letto la Torah all’aperto davanti ad appena 20 persone. Ha studiato tutto in dieci giorni grazie al grande aiuto di Rav Colombo che lo ha preparato ogni sera su Zoom.”
Una storia con un finale sorprendete, perché proprio grazie a Joseph, Rav Roberto Colombo e Riccardo Pacifici hanno proposto di gestire una preghiera di rito tripolino all’esterno del Bet Michael per dividere i partecipanti e per permettere a molti di pregare all’aperto. Da lì ne è nato un minian stabile con un rito diverso rispetto da quello osservato generalmente nella sinagoga.
“Il Bat Mitzvà di Sara, doveva essere il 4 aprile 2020. Ovviamente è saltato tutto. – spiega la mamma della ragazza – Avevamo prenotato una festa con i ragazzi, con i parenti e soprattutto un viaggio a New York. Lei aveva desiderio di celebrare il suo giorno così. La criticità maggiore? Vedere i suoi sogni infranti, e purtroppo ancora oggi non siamo riusciti ad accontentarla. Fortunatamente aveva già fatto l’esame e appena hanno riaperto le sinagoghe abbiamo fatto subito il bat mitzvà il 27 giugno. Eravamo pochissimi, è stato estremamente intimo. Nonostante ciò, lo abbiamo apprezzato molto. Rav Jacov Di Segni ha celebrato la cerimonia all’esterno della sinagoga, ed eravamo solo membri delle nostre famiglie. Purtroppo, abbiamo preso degli impegni economici che sono stati difficili da recuperare, ma celebrare questa importante tappa in pochi è stato qualcosa di davvero speciale”.
Storie diverse, in momenti dell’anno diversi ma tutti accomunati dall’imprevisto tragico che la pandemia ha portato con sè. Alla fine, ce l’hanno fatta.
“Avevamo la prima prenotazione a marzo 2020, proprio a ridosso del Lockdown totale. I miei figli, gemelli, stavano preparando le Parashot assieme, trattandosi di un parto trigemellare, la mia altra figlia aveva già celebrato l’anno precedente il Bat Mitvzà facendo una festa. – racconta il padre dei gemelli – Purtroppo, hanno dovuto cambiare Parashà, spostare la data della lettura, e ahimè cancellare la festa ormai pronta sotto ogni punto di vista. Per i ragazzi, i vari cambiamenti, hanno comportato uno sforzo maggiore considerando che entrambi non hanno mai frequentato le scuole ebraiche. Hanno dimostrato però moltissima volontà di fare, studiando la loro parte autonomamente con l’aiuto di Rav Cesare Moscati. Tutta questa situazione ha avuto però un epilogo sereno, perché proprio grazie a questa vicenda ho deciso di iscriverli alla scuola ebraica, avendo visto con che passione hanno portato avanti i loro studi, nonostante tutto”.
Questi sono solo alcuni esempi di ragazzi che hanno dovuto adattarsi, spesso con delusione, ai cambiamenti e le restrizioni del Covid-19. Ma se il Bar Mitzvà è il momento in cui “si diventa adulti” tanti ragazzi ebrei, di tutto il mondo, hanno dimostrato maturità e comprensione davanti agli imprevisti della vita. Dando prova di essere all’altezza di questa tappa religiosa, sotto tutti i punti di vista.
Foto di Micol Piazza Sed