Nella parashà è scritto: [Questo è ciò che
dovrai fare] “Se riguardo a una delle tue città che l’Eterno tuo Dio ti ha dato
per abitarvi, ricevessi un rapporto che alcuni uomini scellerati tra di voi
sono riusciti a sviare gli abitanti della loro città dicendo loro: “Andiamo,
adoriamo altri dei per avere una nuova esperienza religiosa”. Dovrai indagare,
fare un’inchiesta e interrogare per bene. Se è vero, se la cosa è esatta che
una simile abominazione ha avuto luogo in mezzo a te, dovrai uccidere tutti gli
abitanti di quella città a fil di spada. Distruggerai la città e tutte le
proprietà […] [La città}dovrà rimanere per sempre un mucchio di rovine e non
dovrà più essere ricostruita. Niente di ciò che è destinato alla distruzione
dovrà rimanere in tuo possesso. L’Eterno avrà poi misericordia ti te, ritrarrà
la Sua ira. Ti darà misericordia e ti moltiplicherà come ha giurato ai tuoi
padri (Devarìm, 13: 13-18). Terribile!
Eccetto che nel Talmud babilonese (Sanhedrin, 71a), è insegnato: “R.
Eli’èzer afferma: una città nella quale vi è anche una sola mezuzà non può venire condannata alla
distruzione.
Il
Maimonide (Cordova, 1138-1204, Il Cairo), riassumendo le regole tratte
dall’undicesimo capitolo di Sanhedrin (111b)
scrive che i traviatori della città condannata alla distruzione devono essere
almeno due residenti della stessa tribù e della stessa città. Le città di
confine non possono venire condannate alla distruzione e così pure le
quarantotto città di rifugio per gli omicidi non intenzionali (Mishnè Torà, Hilkhòt ‘Avodà Zarà, cap. 4). Le condizioni perché una città possa
essere condannata alla distruzione sono così tante e così rigide che nel Talmud
(Sanhedrin, 71a) i maestri insegnano:
“Non vi è mai stata e non vi sarà mai una città condannata alla distruzione. Se
è così perché è menzionata nella Scrittura? Per poter trarre degli insegnamenti
e ricevere la ricompensa [per aver studiato la Torà|”.
R.
Yosef Shalom Elyashiv (Lituania, 1910-2012, Gerusalemme) in Divrè Aggadà (p. 347) commenta che è
incredibile che due sole persone riescano a fare diventare idolatri tutti gli
abitanti di una città. Si vede che si tratta di gente totalmente ignorante che
non ha studiato una riga di Torà. Questa è un’altra fonte dalla quale si impara
l’importanza di studiare Torà per difendersi dai propagandisti di ideologie
estranee.
R.
Yosef Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993, Boston) in Mesoras Harav (Devarìm, 2018, p. 119) trae un altro insegnamento da questo passo
della Torà. Egli scrive che In Germania gli stessi intellettuali che scrivevano
libri su San Francesco di Assisi, permisero a Hitler di avvelenare le menti di
ottanta milioni di persone. Se il mondo non avesse predicato la passività e
coltivato un sentimentalismo ipocritico, se avesse trattato Hitler come un
seduttore e traviatore delle menti, milioni di persone sarebbero ancora vive
[…]. La Torà può essere tollerante con gli individui conoscendone le
debolezze […] se però una persona crea tutta un’etica peccaminosa e santifica
il peccato usando il nome di Dio [“Gott
mit uns”], diventa un pericoloso criminale. Il popolo può essere facilmente
sedotto. La Torà non ha misericordia per chi seduce e travia la gente perché,
come spiega il Maimonide, in questi casi la misericordia produce crudeltà. Non
siamo pacifisti. Ci rendiamo conto che vi sono circostanze nelle quali bisogna
combattere per proteggere i propri diritti. E se questo non può essere ottenuto
con le buone maniere non ci si deve vergognare se si devono usare metodi
negativi. Ci sono certi peccati e peccatori che devono essere sradicati senza
misericordia.
R.
Israel Meir Kagan (Belarus, 1839-1933), citato in Chafètz Chayìm Hechadash la-Torà (Reè, p. 263) si sofferma sulle parole “ti darà misericordia”. Dopo
avere condannato a morte tante persone l’Eterno promette che restituirà il
senso della misericordia a coloro che hanno eseguito le condanne a morte della
città condannata. Questo valeva solo in quel caso. R. Kagan pianse per gli
ebrei arruolati nell’esercito dello Zar durante la Grande Guerra, dicendo che
anche se erano tornati a casa sani e salvi, era stato inseminato in loro il
seme dell’omicidio. Così sarebbe cresciuta una generazione di persone per i quali
la vita umana aveva poco valore.
Donato Grosser