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    Benito Arias Montano: un giudaizzante alla corte del Re Prudente?

    Benito Arias Montano discendeva davvero da avi ebrei? Era davvero egli stesso giudaizzante? Tali questioni sono ancor oggi oggetto di dibattito, pur nell’assenza di evidenze definitive che possano risolverle in un senso o nell’altro; o, meglio, proprio grazie alla mancanza di elementi effettivamente dirimenti.

    Il dotto umanista nacque nel 1527 a Fregenal de la Sierra, ove sino al 1492 aveva vissuto una florida comunità ebraica. Molti dei membri di questa avevano optato per la conversione al cattolicesimo ben prima che si profilasse la possibilità di un decreto di espulsione; e proprio perciò, in quella zona dell’Estremadura prossima al confine con il Portogallo, l’Inquisizione fu, a lungo, particolarmente attiva. Nell’arco dei venti anni compresi tra il 1491 e il 1511, per esempio, nella piccola città serrana sarebbero state pronunciate 607 condanne, mentre il numero dei giudaizzanti “riconciliati” (di coloro, cioè, che avevano accettato di confessare e non erano recidivi) sarebbe arrivato a 360 con riferimento al solo anno 1491; tra questi ultimi, almeno 8 portavano il cognome Arias e una donna si chiamava invece Martínez, come la madre di Benito. Furono comunque relativamente pochi coloro che dovettero affrontare il rogo per l’accusa di aver segretamente mantenuto la fede dei propri avi; tra essi, Gonzalo Arias nel 1494 e Alonso Arias “il Vecchio” nel 1495.

    Possono bastare questi dati a dar sostanza al sospetto che il bibliotecario dell’Escorial fosse di origine ebraica? Certamente no. Tra l’altro, suo padre – che pure si chiamava Benito Arias Montano – a Fregenal aveva svolto proprio l’attività di notario del Tribunale dell’Inquisizione e per ottenere quell’incarico aveva dovuto produrre prove di essere cristiano viejo; lo stesso procedimento dovette seguire Benito junior quando, nel 1560, chiese di poter vestire l’abito dell’Ordine di Santiago. 

    Tuttavia, se si vuole essere scrupolosi, occorre aggiungere che nemmeno tali prove possono oggi considerarsi concludenti: nel 1576, per esempio, a seguito di una denuncia che proprio nella piccola città dell’Estremadura segnalava il sussistere di una frode generalizzata riguardante appunto le testimonianze necessarie per accreditare la limpieza de sangre, un inquisitore giunse alla conclusione di essersi trovato ad accertare la falsità di oltre 400 di quei giuramenti. La questione sembra dunque destinata a rimanere aperta.

    In ogni caso, è probabile che le abitudini e gli interessi del polimate spagnolo avrebbero potuto causargli problemi seri – molto più seri di quelli che si trovò a dover affrontare per difendere il proprio lavoro – se non avesse contato sulla protezione di Filippo II di Spagna, che lo nominò nel 1566 cappellano e storiografo di corte, gli affidò l’incarico di costituire la biblioteca dell’Escorial e poi la direzione e il coordinamento delle attività finalizzate alla pubblicazione della cosiddetta Bibbia poliglotta, o regia, di Anversa. Benito Arias Montano era, infatti, rigorosamente vegetariano in un’epoca in cui poteva bastare il non mangiare carne di maiale per suscitare i sospetti degli inquisitori e le delazioni di qualche conoscente malevolo. Delle sue opere, oltre al lavoro di supervisione e traduzione per la Biblia polyglotta, vanno almeno menzionate le seguenti: Commentaria in duodecim Prophetas, in cui sono numerosi i riferimenti ad autori ebrei quali Maimonide, David Kimhi, Itzhak Abravanel, Elias Levita, Ibn Ezra; De optimo imperio, sive in librum Iosue commentarium, con numerose citazioni talmudiche e di altre fonti ebraiche; De varia republica, sive commentarium in librum Judicum, con richiami al Targum o traduzioni letterali dal testo ebraico; Commentaria in Isaiae prophetae sermones, che riporta brani dalla Mishnah e dal Targum; In XXXI Davidis Psalmos priores commentarium, con molti accenni ai termini originali ebraici;  Liber Ioseph, sive de arcano sermone; Liber Ieremiae, sive de actione; Thubal-Cain, sive de mensuris sacris liber; Itinerarium Benjaminis Tudelensis, ex hebraico latinum factum, traduzione dall’ebraico al latino dell’Itinerario di Beniamino da Tudela. Fu amico del cartografo fiammingo Abraham Ortelius e di Fray Luis de León. 

    Benito Arias Montano, in sintesi, va ricordato come uno dei grandi umanisti del Siglo de Oro spagnolo, insieme a Juan Luis Vives, Teresa de Ávila, Juan de Ávila, Juan de la Cruz, il già ricordato Luis de León e poi Miguel de Cervantes, Luis de Góngora, Lope de Vega, Tirso de Molina. Per ognuno di essi è stata prospettata, quando non accertata, una possibile origine ebraica.

    L’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma “Giancarlo Spizzichino” ha recentemente restaurato, anche con il contributo della University of Notre Dame (Rome Global Gateway e Center for Italian Studies), un volume della Biblia Hebraica edita a cura di Benito Arias Montano: il volume, pubblicato ad Anversa nel 1571, contiene il testo del Tanach (canone biblico ebraico dal Libro della Genesi a quello del profeta Malachia) in traduzione interlineare dall’ebraico al latino, con note.

    All’umanista Benito Arias Montano, nato a Fregenal de la Sierra intorno al 1527 e deceduto a Siviglia il 6 luglio 1598, Filippo II di Spagna affidò non soltanto l’edizione della Bibbia poliglotta di Anversa, intrapresa e condotta a termine in meno di un quinquennio (1569-1573), ma anche la fondazione della Biblioteca dell’Escorial. La possibilità che fosse di origine ebraica, o addirittura egli stesso giudaizzante, è ancora oggetto di dibattito, pur mancando prove definitive sulla questione.

    Il volume che viene presentato presso la Sala Dalí dell’Instituto Cervantes di Roma, oggetto appunto di un restauro recente, scampò probabilmente proprio per le cattive condizioni in cui si trovava alla razzia dei libri della Comunità ebraica perpetrata dai nazisti tra l’ottobre e il dicembre 1943.

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