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    Al via il festival Ebraica. Raffaele Morelli: “Bisogno imparare a dire di no ai nostri figli”

    Al via domenica sera la 16esima edizione di Ebraica – Festival
    Internazionale di cultura, la rassegna curata da Ariela Piattelli, Raffaella
    Spizzichino e Marco Panella, che dal 25 al 28 giugno anima il Quartiere ebraico
    con teatro, musica, arte, libri e talk. Il tema di quest’anno è Generations Forward.

     

    Panella ha spiegato a Shalom come abbiano deciso di declinare
    questa complessa tematica. «Indaghiamo il mutamento del linguaggio
    generazionale, non solo esplorando la memoria, un luogo dove le connessioni
    generazionali si stringono e si perpetuano nel tempo, ma anche uno sguardo al
    futuro, dedicando uno spazio al tema del metaverso, dove la relazione tra
    esperienza, conoscenza e memoria, viene rivoluzionata e sovvertita».

     

    Ad aprire il Festival sono stati la studiosa di mistica ebraica Yarona
    Pinhas e lo Psichiatra e Psicoterapeuta Raffaele Morelli con il talk “Dialogo
    sui figli”, dove i due sono stati protagonisti di un confronto dedicato ad
    analizzare il difficile passaggio dall’adolescenza all’età adulta e a capire
    quale debba essere il ruolo del genitore. Lo psicoterapeuta ha sottolineato
    come gli adolescenti abbiano bisogno dell’autorità, «hanno bisogno dei nostri
    “no”, perché sennò il sopravvento lo prendono i social network, dove tutto si
    basa sui like, anche l’approvazione». Un concetto affrontato anche dalla
    scrittrice che ha spiegato come l’educazione delle future generazioni è
    centrale nel pensiero ebraico, dove la teoria viene sempre accompagnata
    dall’atto pratico. «L’educazione è basata da quello che noi chiamiamo “il
    semaforo”. – ha affermato Yarona Pinhas – Dove abbiamo il “sì” e il
    “no”  sono rappresentati dalla luce verde
    e quella rossa, mentre quella rossa rappresenta il tempo di attesa per
    l’elaborazione delle cose. Tutto l’ebraismo è basato su questo, sulle cose da fare
    e su quelle che non dobbiamo fare».

     

    «È importante dire “no” ai nostri figli quando è necessario. Dire
    sempre “sì” è come innaffiare una pianta oltre i limiti. Il bene senza limiti
    diventa male, perciò dobbiamo insegnare ai figli il discernimento, e al giorno
    d’oggi non c’è, c’è solo pigrizia. Quindi il compito del genitore è di educare
    i figli e nel farlo deve essere un modello per loro, essere te stesso la cosa
    che vuoi trasmettere» ha aggiunto.

     

    Nella serata inaugurale, è stato indagato anche il linguaggio
    della memoria, con la mostra “La memoria dei mestieri”, una selezione di
    fotografie provenienti dall’Archivio della Deputazione Ebraica di Assistenza e
    Servizio Sociale, e con uno spettacolo teatrale dal titolo “Quel sabato nero
    del ‘43” di Morgana Forcella con Sebastiano Somma, accompagnati da Gabriele
    Coen e Riccardo Battista, che ha chiuso la prima serata.

     

    In quest’opera si racconta la tragedia del rastrellamento degli
    ebrei romani avvenuta il 16 ottobre 1943, attraverso la storia realmente
    accaduta di Emanuele Di Porto, allora dodicenne, scampato alla deportazione.
    «Nella preparazione che ho dedicato a questo lavoro, ho cercato di attingere
    quanto più possibile a tante storie, e ad un certo punto sono venuta a
    conoscenza di quella di Emanuele Di Porto, che è molto toccante e ci offriva la
    possibilità di avere due punti di vista: quella della mamma, che poi finirà ad
    Auschwitz, e del ragazzo, che cerca di salvarsi» ha detto a Shalom Morgana
    Forcella, che ha scritto, diretto e recitato in questa rappresentazione.
    Sebastiano Somma, che ha interpretato Emanuele Di Porto in questo spettacolo,
    ha voluto ricordare una frase detta proprio dal sopravvissuto alla Shoah: «Io
    non sono mai stato un bambino e non sarò mai vecchio». «Questa frase ogni volta
    che la pronuncio mi mette i brividi» ha aggiunto.

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