In occasione delle prossime elezioni per il rinnovo del Consiglio e della Consulta della Comunità Ebraica di Roma, la redazione di Shalom ha posto sei domande ai candidati presidenti delle tre liste. Di seguito l’intervista a Victor Fadlun, candidato Presidente della lista Dor Va Dor.
Come avete stilato il vostro programma elettorale? Quali sono priorità e obiettivi della vostra lista?
I candidati di Dor Va Dor sono donne e uomini con radici diverse e competenze specifiche, unite dall’incondizionato amore per la nostra Comunità. Il nostro programma nasce dalla messa a fattor comune di conoscenze e competenze individuali. Desideriamo una Comunità prospera, in cui i nostri giovani ricevano fiducia e opportunità per realizzare i propri percorsi; in cui i bisognosi ricevano il massimo aiuto; una Comunità inclusiva in cui sia incoraggiata e promossa la partecipazione attiva di tutti, con l’anima sempre rivolta verso Israele. La nostra priorità è il benessere di ciascun ebreo di Roma.
Quali sono le sfide più urgenti e significative della Comunità in questo momento storico?
Tra le sfide più urgenti c’è sicuramente quella di investire nella Scuola, fornire in modo concreto aiuto e denaro ai bisognosi, investire massicciamente nei servizi che forniamo agli iscritti, applicare il criterio meritocratico a tutte le declinazioni della vita comunitaria, riconoscere professionalmente e economicamente il contributo dei dipendenti e collaboratori della nostra Comunità.
In che modo la vostra lista mette in campo le competenze per affrontare queste sfide?
Nella nostra lista troverete affermati medici, professori, avvocati, commercialisti, imprenditori, giornalisti, specialisti della comunicazione, e persino una psicologa specializzata nei problemi della comunicazione. Siamo una squadra formata da Ebrei di Roma che mettono a disposizione anime e competenze al servizio della nostra Kehillà.
Quali sono le qualità e le caratteristiche che dovrebbero contraddistinguere una valida leadership per la comunità di Roma dei prossimi anni?
Esser pronti e aperti al cambiamento; profonda conoscenza e attaccamento alla nostra Comunità; preparazione e doti manageriali; modestia ma anche orgoglio, per poter rappresentare con onore e a tutti i livelli la nostra CER; esser pronti e disponibili ad ascoltare ed imparare con rispetto dai dipendenti, dai collaboratori storici e da chi ha a cuore la nostra Comunità; sopra a tutto, timore di H. e un cuore ebraico e sionista profondamente radicato.
Tra le sfide più impegnative in cui si trova il nostro Paese vi è il calo demografico, un fenomeno che risulta presente e forse amplificato nella Comunità. Come si può intervenire e come si possono arginare gli effetti negativi a lungo termine?
Questa è una delle tematiche più delicate e da noi attenzionate della nostra Comunità: rispettare le mizvot sta diventando un lusso che non tutti possono permettersi. La carne, così come in generale mangiare kasher, la Scuola Ebraica, il non lavorare di Shabbat e Moadim, costano e pesano sempre più sui bilanci di tante famiglie. Abbiamo il dovere di raggiungere i nostri fratelli, uno ad uno, e portargli conforto. La Comunità e i suoi rappresentanti devono idealmente andare a chiedere a ciascun ebreo: “cosa posso IO fare per TE?” In quest’ottica è prioritaria la riqualificazione del nostro patrimonio, che ci permetterà di creare nuovi flussi di denaro per assistere i nostri fratelli che si trovano in stato di bisogno.
Se dovesse essere eletto presidente, come immagina la comunità tra 4 anni, al termine del mandato del prossimo consiglio?
Fiorirà la qualità e quantità dei servizi che forniamo e che implementeremo grazie alla crescente redditività che scaturirà da un’attenta gestione delle nostre risorse patrimoniali. Tra 4 anni le tasse comunitarie potranno già aver subito un primo taglio proporzionale alla crescita della redditività del patrimonio, e così assisteremo a una rinnovata fiducia nei confronti dell’Istituzione Comunità. Con nuove risorse e nuova mentalità, potremo promuovere progetti educativi, di formazione, di welfare e di solidarietà oggi neanche ipotizzabili. Se ci crediamo e lavoriamo con unione e competenza, Roma potrà diventare il faro dell’ebraismo europeo.