Ieri durante il Viaggio della Memoria ad Auschwitz, al quale hanno partecipato più di 200 studenti degli istituti superiori di Roma e Provincia, si è tenuta una cerimonia in ricordo delle vittime e degli ebrei romani che in quel luogo furono uccisi. Il Sindaco di Roma Roberto Gualtieri, accompagnato dai sopravvissuti Sami Modiano e Tatiana Bucci, ha deposto una corona davanti al Muro delle fucilazioni, che si trova all’interno del campo di sterminio. Presenti anche i figli e i nipoti dei 16 ebrei romani sopravvissuti al rastrellamento del 16 ottobre 1943. Pubblichiamo di seguito una riflessione della Vicepresidente della Comunità Ebraica di Roma Antonella Di Castro.
Siamo nel cuore dell’inferno di Auschwitz e ci troviamo qui con i testimoni dell’orrore nazista, i nostri Sami e Tatiana. In questo momento il pensiero va ai 6 milioni di nostri fratelli, sorelle, donne e uomini, anziani e bambini, barbaramente sterminati dalla furia nazista.
In molti si domandano se con celebrazioni e commemorazioni reiterate non si corre il rischio di finire in un semplice esercizio di retorica. Ebbene il nostro è un fermo e deciso “no”. Ricordare non può essere una scelta, ma è un dovere per fare in modo che le nuove generazioni comprendano ciò che è stato.
Mai abbastanza ricorderemo i nostri cari, mai abbastanza sarà sopito il nostro dolore e per questo abbiamo il dovere di essere presenti a vigilare che i segni di quanto accaduto non possano ripetersi mai più. Questa è la forza e la ragione che hanno spinto i figli e i nipoti di quanti hanno attraversato questo indicibile inferno o sono stati qui trucidati, a venire in questo tragico luogo, a ricordare e a pregare in un immenso cimitero con una commemorazione che non è mai fine a se stessa.
Per questo ringrazio i figli e i nipoti dei deportati, che hanno raccolto l’arduo compito del testimone per perpetuare la memoria di cui oggi loro rappresentano la voce. Grazie Alessandro, Pacifico Spizzichino, Michela Amati, Julia Camerino, Roberto e Daniel Di Degni, Giorgio Finzi, Marco Sermoneta Silvia Wachsberger, Miki Sagi con i suoi figli, Anna e Saul Marcheria.
Il suono dello Shofar (il corno di montone) vibra fino dentro le nostre anime e chiama a raccolta le coscienze per opporsi fermamente e levare in alto il grido “mai più”. Questo mai più è per i nostri cari, ma soprattutto per i nostri figli e nipoti perché possano vivere in un mondo che rispetti gli individui e dove possano essere orgogliosamente liberi.
Per questo oggi è importante ringraziare i figli i nipoti dei deportati che con immenso dolore e consapevolezza, sono qui con noi. Ancora grazie.