Era il 12 dicembre 1524, esattamente 500 anni fa: la bolla papale, emessa da Clemente VII, decretava la nascita dell’Universitas Hebraeorum Urbis, una sorta di federazione delle moltecollettività ebraiche presenti sul territorio. In sostanza, era l’atto che segnava la nascita della di una comunità con una struttura centralizzata. La presenza degli ebrei nella Città Eterna è attestata sin dal II secolo avanti l’era cristiana e nella prima età moderna nell’Urbe vi erano diverse compagini ebraiche, come si evince da una bolla del 1519, emessa durante il pontificato di Leone X nella quale erano annoverate ben 11 sinagoghe fra spagnole, francesi, tedesche e italiane.
La creazione di una struttura comunitaria di tipo moderno si può ricondurre a più fattori, come la regolamentazione della rivalità tra le varie compagini ebraiche e le necessità associate alla formazione di uno Stato moderno, quello pontificio, che progressivamente stava accentrando le funzioni governative rispetto all’epoca medievale. Le diverse collettività ebraiche furono organizzate attraverso una sorta di statuto (i Capitoli) redatto da un banchiere toscano ed ebreo, Daniele da Pisa. Il nuovo organigramma prevedeva la Congrega dei Sessanta, una specie di organo legislativo formato da banchieri e mercanti. Questi nominavano i Fattori, che rappresentavano una sorta di esecutivo necessario per regolare la vita cultuale e materiale delle diverse collettività divise per sinagoghe di appartenenza. Pertanto, si stabilì un unico interlocutore per le autorità ecclesiastiche, quelle laiche e le altre comunità ebraiche.
I primi anni della neonata comunità furono però contrassegnati da eventi drammatici: il sacco di Roma dei lanzichenecchi del 1527 e le crisi successive; l’istituzione del Sant’Uffizio (1542) e della Casa dei catecumeni (1543) per la conversione anche degli ebrei al cattolicesimo. Culmine di questo processo e di un rapporto sempre più difficile con la Chiesa di Roma furono il rogo dei libri del Talmud (1553) e l’istituzione del ghetto da parte di Paolo IV, il 14 luglio 1555. Segregata in spazi angusti e messa ai margini della società coeva, la comunità ebraica fu segnata da un periodo di declino economico, culturale e sociale. Ciononostante, la tenuta della vita ebraica si mantenne viva sia in termini materiali, sia identitari, grazie all’attività delle sinagoghe (le cosiddette “Cinque Scuole”) e alle confraternite, impegnate in opere di sostegno economico e spirituale. Dopo alcuniillusori momenti di libertà tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento legati alle guerre napoleoniche e alla Repubblica romana del 1849, la svolta si ebbe il 20 settembre 1870, con la breccia di Porta Pia, la fine dell’era del ghetto e dello Stato Pontificio, nonché l’inizio dell’emancipazione, che si inserì nell’impetuoso processo di crescita demografica, urbanistica, economica e politica che caratterizzò Roma nel periodo post risorgimentale. Questo periodo felice durò pochi decenni: le leggi razziali del 1938 impoverirono e marginalizzarono gli ebrei romani, facendo da preludio al periodo più drammatico, l’occupazione nazista della città (1943-1944), durante il quale maturarono le deportazioni di molti membri della compagine ebraica romana neicampi di sterminio e l’eccidio delle Fosse Ardeatine. La ripresa nel dopoguerra fu tanto faticosa quanto significativa, grazie alla guida di rabbini come David Prato (1945–1951) ed Elio Toaff(1951–2001) e al sostegno delle istituzioni ebraiche romane, italiane e internazionali.
L’arrivo degli ebrei dalla Libia, tra il 1967 e il 1970, favorì trasformazioni economiche e culturalirilevanti in seno alla collettività ebraica della capitale.
Successivamente, un evento drammatico ha colpito la nostra comunità: l’attentato al Tempio Maggiore del 9 ottobre 1982, in cui morì un bambino di soli due anni, Stefano Gaj Taché, e furono ferite 42 persone.
Tuttavia, dagli anni Sessanta del secolo scorso, fino agli inizi del nuovo millennio, vi sono stati cambiamenti in positivo dovuti alla forte crescita economica e demografica della compagine ebraica romana, ma anche importanti trasformazioni nelle relazioni ebraico-cristiane segnate, tra l’altro, dalla visita al Tempio Maggiore di Roma di ben tre pontefici (Giovanni Paolo II nel 1986, Benedetto XVI nel 2010 e Papa Francesco nel 2016).
A cinquecento anni dalla nascita dalla moderna struttura comunitaria, e a distanza di oltre due millenni dai primi stanziamenti, gli ebrei rappresentano una componente della città di Roma produttiva e culturalmente vivace.
Ettore Roesler Franz, Ghetto. Via Rua in fondo al Portico d’Ottavia (1878). Museo di Roma. Copia fotografica dell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma “Giancarlo Spizzichino”, Archivio Fotografico, Fondo “Salvatore Fornari”, vol. IV, n. 234