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    Un sondaggio preoccupante: I palestinesi preferiscono Hamas e la lotta armata

    I sondaggi contano. Contano anche dove non si tengono elezioni da moltissimi anni e quelle annunciate vengono sempre annullate, e il potere è in mano a dittature  sanguinose, come nei territori amministrati dall’Autorità Palestinese e a Gaza. Qui non servono a prevedere la composizione di un parlamento che non funziona da un decennio e che probabilmente non sarà rinnovato per tantissimo tempo ancora. Ma sono essenziali per capire gli umori della gente, le domande che fanno ai gruppi che li amministrano, che cosa sono disposti ad accettare e che cosa rifiutano: questioni che in un posto dove le armi sono dappertutto e pochi si fanno scrupolo a uccidere i nemici pubblici o privati, sono di vita o di morte.

    Dunque il sondaggio uscito nei giorni scorsi, il primo che fotografa l’atteggiamento politico degli arabi di Giudea, Samaria e Gaza dopo tutto quel che è successo negli ultimi due mesi, è importante. Non ci sono state le elezioni politiche promesse dall’Autorità Palestinese, c’è stata un’ondata terroristica, il lancio di migliaia di razzi di Hamas e Jihad Islamica su Israele, la reazione  dello stato ebraico che ha distrutto buona parte dell’apparato militare terrorista. In Israele è cambiato il governo, perfino in Siria e in Iran hanno votato (o piuttosto hanno tenuto sceneggiate elettorali); ma  nei “territori palestinesi” comandano sempre quelli, da tempo immemorabile. Che ne pensa la gente?

    Il risultato è piuttosto scoraggiante, soprattutto per chi, come l’amministrazione Biden e in genere la sinistra, anche in Israele, crede che il consenso dei palestinesi sia una precondizione essenziale per la pace fra Israele e mondo arabo. Il sondaggio, condotto dal Palestinian Center for Policy and Survey Research, ha rilevato che il 53 percento dei palestinesi è d’accordo con l’affermazione “Hamas merita di più di rappresentare e guidare il popolo palestinese”, contro solo il 14 percento che dice lo stesso di Fatah, il partito de dittatore dell’Autorità Palestinese, Mahmoud Abbas. E’ un’altra prova che se si tenessero ora le elezioni, Abbas le perderebbe disastrosamente e che ormai rappresenta solo se stesso e i suoi clienti. 

    Ciò si spiega anche perché la grande maggioranza dei palestinesi (il 77%) crede contro ogni evidenza che Hamas abbia vinto il recente conflitto con Israele (il 18% ritiene che nessuna delle due parti ha vinto e il 2% ha affermato che entrambe hanno vinto. Solo l’1% crede che Israele sia emerso vincitore). È un risultato che mostra l’efficacia della propaganda  e soprattutto la potenza dell’illusione, ma che dà da pensare: è difficile fare accordi e stringere compromessi con un pubblico così impermeabile alla realtà.                                             

    Il 72% degli intervistati dice di credere che Hamas, come sostiene, abbia lanciato l’attacco del 10 maggio contro Israele per difendere Gerusalemme e la moschea di Al-Aqsa, mentre solo il 9% pensa che si sia trattato di una protesta contro la cancellazione da parte di Abbas delle elezioni parlamentari palestinesi. Il 65% ritiene che Hamas abbia raggiunto il suo obiettivo, descritto dal sondaggio come la fine delle restrizioni israeliane all’accesso dei musulmani ad Al-Aqsa e l’arresto dell’espulsione delle famiglie arabe dal quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme.

    La stragrande maggioranza, il 94 %, afferma di essere orgogliosa di come hanno agito i governanti di Gaza durante il conflitto di maggio. La ragione di questo orgoglio è per il 39 %  perché hanno sferrato un attacco in difesa di Gerusalemme e hanno esposto la debolezza dell’esercito israeliano. Un altro 39% si è detto orgoglioso perché Gaza ha riportato la causa palestinese in “prima linea nella politica araba e internazionale”. Il 13% si è detto orgoglioso perché Gaza aveva sofferto con “pazienza e dignità in difesa di Gerusalemme”. Il sondaggio ha anche riscontrato un picco nel sostegno al ritorno al conflitto armato, in forte aumento fino al 60%. L’appoggio ai negoziati e in generale la fiducia nella diplomazia (che è l’argomento retorico anche se non il comportamento reale di Abbas) sono ormai condivisi solo da una minoranza molto scarsa.

    I sondaggi riflettono sempre solo l’atteggiamento momentaneo degli intervistati. Ma questo rappresenta un segnale allarmante di bellicismo e perdita di contatto con la realtà,  vicino non solo nel tempo all’elezione di un nuovo presidente iraniano esplicitamente estremista. Per il Medio Oriente si prospettano nuovi scontri, nuovi conflitti, nuovo terrorismo.

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