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    Un calcio al razzismo. 20 lezioni contro l’odio

    Il calcio e la Shoah, un’Europa dilaniata dalla guerra e un pallone dietro cui correre. Primo Levi, cronista involontario, descrive il confronto tra la formazione delle SS e quella delle Squadre Speciali. “Un calcio al razzismo. 20 lezioni contro l’odio”, firmato Massimiliano Castellani e Adam Smulevich e uscito con Giuntina, parte da qui e arriva ai giorni nostri, in cui il calcio subisce ancora il veleno dell’antisemitismo e del razzismo. È l’estate del 1945 e Pietro Terracina è appena uscito da Auschwitz, è un po’ emaciato e di salute instabile. Lo chiamano in qualità di giocatore durante una partita e lui non si tira indietro. Quella partita ha il sapore dei tanti incontri disputati durante l’infanzia. È dal calcio che questo libro comincia, perché è il gioco più bello al mondo e perché c’è un filo sottile che collega i fuoriclasse della Serie A epurati dal regime fascista agli attacchi rivolti oggigiorno ad alcuni campioni di colore, e un altro che unisce l’oltraggio in curva ad Anne Frank, la squadra sportiva dal nome eloquente “Stella Azzurra” e i Giochi Europei del Maccabi organizzati a Vienna nel Luglio del 2013. Tra i vari giovani spunta il volto di Alberto Mieli, sopravvissuto diversi decenni prima alla Shoah. È a lui e a molti altri che questo libro è dedicato. Tra le tante esperienze qui raccontate ce ne è una che merita più attenzione di altre: la Stella Azzurra, prova evidente della voglia della comunità di Roma, piegata dalla Shoah, di riacquisire un po’ della normalità perduta. Gli ebrei romani di Portico D’Ottavia sono i protagonisti, e con loro la voglia di ripartire da dove ci si era fermati. Qualcuno tra loro tanto bravo da entrare tra le fila della Lazio dal ’52 al ’58: Giovanni Di Veroli detto Ciccio. Le memorie di questo passato, così come i loro protagonisti, non meritano di sbiadire e sta a noi e al nostro senso di responsabilità custodirle. Partire da questo libro è un inizio. 


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