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    Ugo Volli a La Stampa: “L’accusa del Papa ferisce il dialogo ebraico-cristiano”

    “L’accostamento fra Israele e genocidio per bocca del Papa – e non solo di estremisti filoterroristi e antisemiti – suscita sconcerto”, scrive Ugo Volli nel suo articolo uscito oggi su La Stampa. Il termine “genocidio” ha un peso storico immenso per il popolo ebraico, essendo stato coniato dal giurista ebreo Raphael Lemkin per descrivere il tentativo nazista di sterminare gli ebrei durante la Shoah. Sentire questa parola rivolta contro Israele, in particolare da chi guida la Chiesa Cattolica, rievoca un doloroso passato di persecuzioni, afferma Volli.
    Nel merito, l’accusa appare priva di fondamento. Volli ricorda che, secondo la definizione dell’ONU, il genocidio implica “atti commessi con l’intenzione di distruggere un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Questa intenzione, spiega, non trova riscontro nella realtà. Come sottolinea Volli, la popolazione palestinese continua a crescere, con un incremento annuo del 3,3%. A Gaza, ad esempio, si registra una crescita di circa 180.000 persone ogni anno. Anche prendendo i numeri forniti da Hamas – che parla di 43.000 morti in tredici mesi – si tratta di una cifra inferiore all’1% della popolazione, ben lontana da qualsiasi idea di sterminio sistematico. “Sono numeri che dimostrano in maniera chiarissima che Israele, lungi dal voler distruggere la popolazione civile, ha cercato come poteva di tutelarla”, afferma Volli. Israele ha adottato misure straordinarie per minimizzare le vittime civili, come annunciare in anticipo le offensive, indicare vie di fuga e introdurre quotidianamente camion di aiuti umanitari, pur consapevole che parte di questi rifornimenti sarebbe stata sequestrata dai terroristi.
    Volli insiste sulla complessità di questa guerra, descrivendola come asimmetrica: “I terroristi si mimetizzano fra la popolazione civile, non portano uniformi e operano da basi costruite sotto ospedali, scuole e moschee”. Israele, aggiunge, non ha scelto questa guerra. L’attacco del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas ha colto Israele di sorpresa e impreparato. Da allora, Israele ha affrontato non solo Hamas, ma una rete di nemici sostenuti dall’Iran, con attacchi provenienti da sette fronti diversi. “Parlare di genocidio – o anche solo di sproporzione militare – significa ignorare la volontà esplicita e dichiarata di Hamas, Hezbollah e dell’Iran di distruggere lo Stato ebraico”, osserva Volli.
    Secondo Volli, fermare il conflitto sarebbe semplice: “Basterebbe che i terroristi restituissero gli ostaggi, consegnassero le armi e si arrendessero. Israele ha garantito vie d’uscita sicure a chi volesse farlo. Ma non c’è stata risposta”. La responsabilità delle morti a Gaza, dunque, ricade su Hamas e sui suoi alleati.
    Le parole del Papa, infine, hanno un impatto profondo anche sul piano simbolico. Volli ricorda che la Chiesa ha avuto un ruolo storico controverso durante la Shoah e ha dovuto riconoscere secoli di antigiudaismo. Sentire il Papa accostare Israele a un genocidio rischia di compromettere decenni di dialogo interreligioso, facendo riaffiorare vecchi pregiudizi. “Come se gli ultimi decenni di dialogo fossero cancellati e tornasse in azione l’antico antigiudaismo cristiano”, conclude Volli.

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