Dopo Iran e India che hanno imposto il divieto di distribuzione dei giornali per non alimentare la paura del contagio da coronavirus, il presidente/dittatore del Turkmenistan Gurbanguly Berdimuhamedow – che guida il paese asiatico dal 2006 – ha pensato di fare ancora di più: ha bandito dal proprio vocabolario la parola che forse più d’ogni altre, nel mondo, induce paura: Coronavirus.
La denuncia viene dall’associazione di giornalisti Reporter senza frontiere (Rsf) che cita il quotidiano indipendente Turkmenistan Chronicle (il cui sito, ora, sarebbe bloccato al traffico interno al Paese). Ai media controllati dallo Stato, infatti, è vietato l’uso di questo vocabolo e il termine Coronavirus non appare più nelle brochure che erano state diffuse nelle scuole, negli ospedali e nei luoghi di lavoro.
La parola “coronavirus” è stata sostituita con “malattia” o “infezione respiratoria”
La comunicazione ufficiale sull’epidemia nel paese è stata da subito insufficiente e le misure restrittive sono state imposte senza grandi giustificazioni e spiegazioni: da una decina di giorni la capitale è stata chiusa e gli spostamenti tra le province del Paese sono stati fortemente limitati con posti di blocco e controlli. Ma i corrispondenti di Radio Free Europe testimoniano di aver visto che nella capitale, Aşgabat, alcuni gruppi di persone sorprese a parlare della pandemia sono stati dispersi da agenti di polizia in borghese, che – sempre secondo la radio – adesso hanno il potere di arrestare chi indossa la mascherina in pubblico.
Non è chiaro quale sia la strategia dietro questa censura imposta dal governo del Turkmenistan, che è formalmente una repubblica presidenziale ma concretamente una dittatura, guidata dal 2006 da Gurbanguly Berdimuhamedow. In queste settimane la mancanza di trasparenza del governo turkmeno è emersa anche dal conteggio ufficiale dei contagi da coronavirus nel paese: nessuno. I confinanti stati di Kazakistan, Uzbekistan e Afghanistan hanno comunicato qualche decina di contagi, anche se si crede siano molti di più.
Il presidente turkmeno Gurbanguly Malikgulyyewich Berdimuhammedow, è chiamato Arkadag, il “padre protettore”. Lo scorso il 13 marzo aveva disposto la sanificazione delle aree pubbliche con una pianta, l’harmala, altrimenti nota come “ruta siriana”.