“Mi capita dopo vent’anni di incontrare ragazzini che
mi avevano ascoltata, diventati professionisti, professori a loro volta, o
semplicemente uomini della strada che mi riconoscono, mi scrivono e mi dicono:
non abbiamo dimenticato”. Lo ha affermato Liliana Segre, senatrice a vita
sopravvissuta ai campi di sterminio, parlando della sua attività di
testimonianza nelle scuole a margine di una iniziativa a Firenze per gli 80
anni dalla promulgazione delle leggi razziali. “Da trent’anni, diventata
nonna – ha spiegato – ho cominciato a essere testimone nelle scuole. La mia
speranza è di non essere una goccia nel mare, però a volte penso che il mare
sia fatto di tante gocce e che certi insegnamenti contrari all’odio, al
razzismo, all’intolleranza, all’antisemitismo possano lasciare qualche
traccia”.
Quando si parla di razzismo oggi, spiega, “ritengo che
si parli di qualcosa che c’è, ma che in realtà c’è sempre stato”. “Ho
riconosciuto – ha spiegato – certi atteggiamenti, certe parole, certe
incitazioni all’odio che sono tornate fuori, non perché non ci fossero in
questi anni, ma erano sopite, non era ancora arrivato il momento di
ripresentare quelle facce che per molti anni si sono nascoste, essendo però
comunque portatrici di odio”. Per Segre il vero pericolo è l’indifferenza:
“E’ più facile dire – ha aggiunto – ‘io non c’ero, è una cosa che non
riguarda me’, e voltarsi dall’altra parte. Questo è peggio della violenza:
dalla violenza ci si difende, la si riconosce, mentre da quella nebbia che ti
invade, per cui perdi il senso stesso di dove sei… l’indifferenza può
uccidere in un modo trasversale, ma non per questo meno grave”.