La dissoluzione del mondo di ieri secondo Zweig fu la fine dell’Europa e di una sua anacronistica concezione. Di un impero troppo grande, quello asburgico, che, accusando il peso del tempo e dello spazio, stava per rompersi in mille pezzi. Fu la fine di un’era, quella di Francesco Giuseppe, in cui a Vienna tutti conoscevano i nomi delle attrici di teatro ma nessuno i nomi dei politici. Ne “Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo” Zweig racconta l’Austria dell’arte, dei teatri e della psicanalisi. Forse la nostra epoca è diversa da quella di inizio Novecento, ma a me sembra così simile. Oggi non c’è la percezione della stabilità, della sicurezza e del progresso come allora, ma c’è una disperata attenzione verso ciascuno di questi. L’idea che ci si avviasse verso il migliore dei mondi possibili era condivisa largamente, ma ciò nonostante errata, viste le sciagure – i totalitarismi dal volto inumano – che di lì a poco avrebbero macchiato l’intera Europa. La nostra situazione è meno drammatica ma più complessa: si procede verso un progresso che è spesso accompagnato da un regresso, nella politica e nella morale. Non ci sono totalitarismi ma populismi, frustrazioni e razzismi.
In un’epoca di fraintendimento e insicurezza collettiva, leggere un libro di Zweig ci farebbe sentire meno incompresi. Quest’autobiografia non solo è ben scritta ma ha anche il pregio di parlare a un vasto pubblico lontano nel tempo e chissà, forse anche nello spazio.