Un pericolo che continua
La guerra in Ucraina ha messo in secondo piano tutti gli altri problemi internazionali, inclusi alcuni che potrebbero portare a un’evoluzione analoga, come le pretese della Repubblica Popolare Cinese sull’altra Cina, la Repubblica di Taiwan. Soprattutto è sparito dagli schermi uno dei più gravi pericoli per la pace mondiale, l’imperialismo regionale iraniano, la volontà del regime degli ayatollah di distruggere Israele e la sua ostinata ricerca dell’armamento nucleare per ottenere questi risultati. Eppure questi rischi sono sempre lì, anzi crescono e diventano più impellenti. Per capire che cosa sta succedendo bisogna considerare innanzitutto la situazione internazionale.
L’accordo JCPOA
Tradizionalmente l’Iran è un nemico, oltre che di Israele, dell’Occidente e degli Usa, tanto che giunse, durante la presidenza Carter, a occupare la sua ambasciata e a sequestrare i suoi diplomatici. Gli Usa hanno sempre risposto cercando di isolare l’Iran e sanzionando le sue violazioni della legalità internazionale. La presidenza Obama però rovesciò questa politica e puntò a una pacificazione, rinunciando a contrastare l’espansionismo iraniano e stringendo un accordo (l’JCPOA) che non impediva l’armamento missilistico e l’imperialismo iraniano e si limitava, in cambio di cospicue riparazioni finanziarie, a stabilire regole che ritardassero per un certo periodo l’accumulo di uranio arricchito, cioè il “carburante esplosivo” delle bombe atomiche. Israele scoprì presto che l’Iran non rispettava queste regole; Netanyahu denunciò pubblicamente queste violazioni e Trump decise di uscire dall’accordo. Ma l’amministrazione Biden ha ripreso la politica di Obama e ha cercato di riannodare l’accordo, disposta a fare grandi concessioni, anche se nel frattempo l’Iran ha superato di oltre 20 volte i limiti previsti sull’uranio, ha continuato a inviare truppe e appoggiare i terroristi in paesi dell’area (Siria, Libano, Iraq, Yemen, Gaza, ecc.), a minacciare l’esistenza di Israele e a compiere atti di pirateria marittima. All’inizio di quest’anno sembrava che l’accordo fosse imminente, ma poi la trattativa si è interrotta per le pretese dell’Iran, giudicate eccessive anche da Biden, e per il fatto che l’Iran è strutturalmente alleato della Russia. Biden ha però comunque allentato alcune delle sanzioni.
Il ruolo dell’Agenzia atomica dell’Onu (Aiea)
Chi è incaricato della sorveglianza sull’armamento atomico dell’Onu è l’Aiea. Il suo direttore Rafael Mariano Grossi di recente ha avvertito ufficialmente la comunità internazionale che l’Iran ormai ha abbastanza materiale per poter costruire una bomba atomica. È molto significativo che l’avviso venga proprio da un ente internazionale neutro e di solito piuttosto lontano dall’Occidente come l’Aiea e non da una parte in causa. Israele ha poi documentato come l’Iran abbia sistematicamente mentito all’Aiea, cercando anche di prevenire con lo spionaggio le sue mosse. L’Iran in particolare non ha voluto spiegare agli ispettori le tracce di uranio rinvenute in diversi suoi siti non denunciati, che sono le tracce di un’attività clandestina evidentemente pericolosa. Di qui è seguita una condanna formale del Consiglio dei governatori dell’Aiea, la prima da diverso tempo. Trenta membri del Consiglio, di cui fanno parte 35 Paesi, hanno votato a favore della mozione di condanna, che era stata presentata da Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Germania. Russia e Cina hanno votato contro, mentre India, Pakistan e Libia si sono astenuti.
La reazione iraniana
Gli ayatollah hanno respinto la mozione e l’appello dei firmatari a una maggiore collaborazione, dichiarando di considerare la condanna un attacco politico e di non riconoscerla. Per rappresaglia hanno staccato due delle telecamere con cui l’agenzia monitora l’attività dei siti nucleari denunciati, segnalando la sua volontà di procedere all’armamento nucleare, con la minaccia di staccarle tutte. Queste mosse mostrano, se ce n’era bisogno, l’inutilità di ogni trattativa con l’Iran, che vuole costruire la sua atomica ad ogni costo, anche contro la comunità internazionale. Bisognerà vedere se l’amministrazione Biden ne prenderà atto.
La reazione israeliana
Israele continua la sua “battaglia fra le guerre”. Nei giorni scorsi, a quanto hanno detto le fonti siriane, ha colpito i magazzini dell’aeroporto di Damasco, usato dall’Iran per importare le armi avanzate destinate a Hezbollah, e ha anche bombardato la pista, disabilitando l’attività dell’aeroporto: un segnale che dice come non sia disposto ad accettare l’ultimo trucco iraniano, che ora cerca di contrabbandare le sue armi usando aerei civili. Vi sono stati anche attacchi sul territorio dell’Iran, come quello di Parchin (un sito militare), in cui è morto un importante ingegnere nucleare.
Una missione di Israele in Iran?
La notizia più importante di tutte è però che Israele sta addestrando la sua aeronautica all’attacco di siti molto lontani e molto ben protetti. Vi sono state esercitazioni a lunga distanza cui hanno partecipato anche aerei americani, si parla con insistenza dell’adattamento per l’incursione in Iran degli aerei più avanzati dell’aviazione Israeliana, gli F35i, della disponibilità di nuove bombe molto potenti, della pianificazione dettagliata di una missione per cui potrebbe esserci anche un appoggio degli arabi sunniti. La recente missione di Bennett negli Emirati e i contatti ormai ufficiali con l’Arabia rientrano probabilmente in questa prospettiva. Poiché l’Iran procede al suo armamento atomico che ne aumenterebbe immensamente la deterrenza e lo renderebbe inattaccabile, è probabile che una missione per distruggere questo apparato nucleare, non sia una questione di “se” ma di “quando”. Anche se naturalmente Israele sa che il prezzo diplomatico e militare di questa iniziativa sarebbe altissimo e preferirebbe molto che funzionasse la via diplomatica.