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    Le donne di Tripoli

    Non potete immaginare che orrore provoca in me ogni notizia di violenza sulle donne. Mi sale la rabbia di chi non ha parole per spiegare la propria frustrazione. Come si fa a picchiare o, peggio, uccidere una donna? Sono lo specchio di nonna, madre, zia, sorella, moglie, cugina, nipote di ogni famiglia. Possibile che poche generazioni hanno messo un abisso tra il mio modo di percepire il femminile e i giovani? I miei ricordi più sereni di bambino sono fra le donne. Ero circondato da bellissime ed eleganti signore, importanti e carismatiche. Ai trogloditi tatuati che ascoltano rapper gutturali, avrei voluto fargli scoprire il mondo fantastico delle stanze in penombra nelle ore più calde dell’estate. Sdraiate su lenzuola fresche, in sottoveste di pizzo nero, le zie chiacchieravano e ridevano mentre accoccolato fra loro mi addormentavo.

    Eppure erano gli anni sessanta, esisteva ancora in Italia il delitto d’onore, nel sud le anziane vestivano di nero e avevano i peli sulle gambe e folti baffi.

    Ma a Tripoli no, le donne erano evolute e seguivano la moda. I pomeriggi passeggiavano eleganti sul lungomare e le sere nei locali alla moda, indossavano mise acquistate a Parigi, Milano e Roma.

    La famiglia era sicuramente patriarcale, ma basterebbe chiedere a chiunque, in casa non si muoveva foglia se la donna non approvava.

    Forse era un tempo in cui le mogli e i mariti avevano un ruolo chiaro e non travalicavano quello dell’altro. O forse si aveva più rispetto delle persone e ci si voleva elevare culturalmente. Sicuramente la vita era più impregnata di poesie, canzoni e buoni propositi. Anche nel litigare c’era pudore e lo si faceva apparentemente di nascosto, non come si fa adesso che si accapigliano in diretta televisiva davanti a una conduttrice.

    Una volta assistetti a una scena molto divertente allo stabilimento Il Lido di Tripoli; marito e moglie bisticciavano sotto all’ombrellone. Si sono diretti verso la loro cabina mentre noi bambini continuavamo a costruire il nostro castello di sabbia. Dall’interno arrivava un gran trambusto e qualche parola detta ad alta voce. Poi, i due sono tornati verso l’ombrellone tenendosi per mano come se nulla fosse successo.

    Si sa che la nostalgia tende a eliminare i brutti ricordi e a esaltare quelli belli, sono consapevole che non tutto era rose e fiori. Alle americane abbronzate con le scollature vertiginose e gli occhiali con le montature ad aletta, contrastavano le donne arabe bardate nei barracani bianchi che ne celavano l’aspetto. Sembravano fantasmi così come lo erano per la società. Credo sia grazie a quelle signore che ho avuto per la prima volta l’avversione per i tatuaggi. Le uniche parti scoperte erano le mani e la fronte, ma queste per tradizione avevano disegni grossolani e imperfetti fatti con l’henne. Anche se coperte dal capo ai piedi, ricordo ancora la gentilezza degli occhi di quelle donne.

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