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    La passionaria Miriam o il “politico” Herzog? Chi sarà il prossimo Presidente di Israele?

    Nel grande cambiamento in corso nella politica israeliana
    non è in gioco solo il governo, ma anche la presidenza dello Stato. 
    Reuven Rivlin è entrato in carica il 24 luglio del 2014 per un mandato di sette
    anni, destinato dunque a scadere fra un mese e mezzo. L’elezione del suo
    successore da parte della Knesset, il parlamento monocamerale israeliano. è
    fissata per mercoledì 2 giugno. Il presidente di Israele ha poteri politici
    nettamente più ridotti non solo di quelli americano e francese, che sono anche
    capi dell’esecutivo, ma pure di quello italiano il quale può respingere leggi e
    sciogliere il Parlamento, presiede il Consiglio Superiore della Magistratura e
    il Consiglio Supremo di Difesa, organi che non esistono nel sistema politico
    israeliano. La funzione del presidente di Israele è invece per lo più
    rappresentativa e diplomatica, politicamente attiva solo nella designazione dei
    candidati alla carica di primo ministro dopo le elezioni. Talvolta, di recente
    con Peres e anche Rivlin, ai tempi della fondazione dello stato con Weizmann,
    il presidente assume una sorta di ruolo di compensazione politica nei confronti
    della carica più importante del sistema politico di Israele, quella di primo
    ministro. L’elezione è fatta dalla Knesset sulla base di candidature che
    debbono essere formulate esplicitamente e appoggiate dalla firma di dieci
    deputati. Quest’anno si sono fatti avanti in parecchi, ma alla fine solo due
    candidati hanno presentato formalmente la loro candidatura e hanno ottenuto le
    firme necessarie. Si tratta di Miriam Peretz  e
    di  Yitzhak Herzog.

    Miriam Peretz, nata Ohaion, è un’insegnante, che lavora
    presso il ministero dell’educazione. E’ nata nel ‘54 a Casablanca, in Marocco.
    La sua famiglia è immigrata in Israele nel 1963, fermandosi a Beersheva. A metà
    degli anni Settanta, Miriam sposa Eliezer Peretz e si sposta con lui a Ofire,
    un insediamento nel Sinai. Dopo la pace con l’Egitto che implica fra l’altro la
    chiusura del villaggio, si trasferisce a Givat Zeev, un insediamento a qualche
    chilometro a nordovest di Gerusalemme, al di là della linea verde, dove vive
    ancora. Qui diventa preside della scuola locale. La sua vita cambia dopo che due
    dei suoi sette figli muoiono durante il servizio militare: il più grande,
    Uriel, nel 1998 in un’imboscata nella prima guerra del Libano; il secondo,
    Eliraz, durante uno scontro a Gaza  nel 2010. Miriam Perez diventa allora
    una sorta di portavoce delle famiglie dei soldati caduti, si impegna nella
    propagande per il sionismo e in appoggio alle forze armate. E’ molto popolare
    nel paese grazie alla sua umanità, alla capacità di comunicazione, all’empatia.
    Nel sistema politico è meno forte, dato che non ha avuto cariche pubbliche e
    non le si conoscono affiliazioni di partito.

    Yitsaak “Bougie” Herzog  ha tutt’altra storia:
    di origini ashkenazite quanto Peretz è sefardita, appartenente all’aristocrazia
    sionista quanto Peretz è di origini popolari. Herzog è nato nel 1960, figlio di
    Haim Herzog, generale e presidente di Israele per due mandati (quando ancora si
    poteva) dal 1983 al 1993 e nipote di  Yitzhak HaLevi Herzog, rabbino
    capo d’Irlanda dal 1922 al 1935 e poi dal 1936 al 1959 rabbino capo askenazita
    di Israele. Lui stesso è stato segretario del governo (noi diremmo:
    sottosegretario alla presidenza del consiglio, un posto importante) per Ehud
    Barak fra il 1999 e il 2001, poi presidente dell’Autorità antidroga, deputato
    laburista nel 2003, ministro dell’edilizia, poi del turismo, degli affari
    sociali, della diaspora. Dal 2013 al 2017 è stato leader del partito laburista.
    Dopo la sua sconfitta alle primarie del partito, Herzog nel 2018 fu nominato
    presidente della Sochnut, l’Agenzia ebraica per Israele, un organismo
    importante che oggi soprattutto organizza i rapporti fra lo stato di Israele e
    la diaspora, occupandosi dell’immigrazione e della difesa degli ebrei del mondo
    dall’antisemitismo. Ha tre figli e vive in un sobborgo residenziale di Israele.

    La contrapposizione dei due candidati per gli israeliani ha
    un evidente sapore politico e sociale: una donna (sarebbe la prima in questo
    ruolo) sefardita, di origini popolari, senza cariche politiche, molto
    comunicativa, residente in un villaggio oltre la linea verde, molto legata alla
    difesa di Israele da un lato. Dall’altro un uomo ashkenazita, abitante nella
    metropoli sulla costa, freddo e intellettuale esponente del mondo politico, che
    ha qualificato la sua direzione del partito laburista sul tema dei rapporti con
    l’Autorità Palestinese. Date le sue connessioni col mondo politico, è facile
    dare Herzog per favorito in queste elezioni. Ma i partiti, affaccendati nella
    difficile soluzione della crisi governativa, hanno evitato di prendere
    ufficialmente posizione su queste elezioni presidenziali che certamente li
    dividerebbero e hanno lasciato in genere libertà di voto ai propri deputati.
    Non è del tutto escluso dunque che mercoledì ci sia una sorpresa.

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