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    Iran: la Nobel Ebadi, "il Paese e’ compromesso"

    “La situazione in Iran e’ compromessa. Le elezioni americane non produrranno grandi cambiamenti perche’ finche’ il regime continuera’ a muoversi nella regione sostenendo le milizie paramilitari non ci saranno schiarite. La soluzione per l’Iran e’ dentro l’Iran, non negli Stati Uniti”. E’ il giudizio del Premio Nobel per la pace iraniana Shirin Ebadi, espresso in un’intervista a La Stampa nella quale la donna dice anche che dopo l’assassinio di Mohsen Fakhrizadeh, il direttore del programma nucleare iraniano, “Non credo che l’America attacchera’ l’Iran, Trump puo’ cercare di ritardare la soluzione e lo fara’, mettera’ i bastoni tra le ruote a Joe Biden per prolungare le sanzioni”. L’analisi di Ebadi e’ che “l’isolamento economico e la fuga degli investimenti hanno segnato a fondo l’Iran” e “dopo le sanzioni la vendita del petrolio e’ crollata a meno di un milione di barili al giorno” cosicche’, nel frattempo, “la paura del regime di Teheran ha avvicinato Israele, Bahrein, Emirati” tant’e’ che gli Emirati prima “erano un ottimo mercato per Teheran ma la settimana scorsa hanno bloccato il visto per gli iraniani” e di fatto “li hanno sostituiti con gli israeliani“. Secondo la Premio Nobel il regime di Teheran “urla, ma anche a gennaio, dopo l’assassinio di Qasem Soleimani, minaccio’ tempesta e non successe niente” e ” l’informazione ufficiale e’ propaganda” ma “l’Iran e’ molto indebolito e non ha margini di manovra”. Per Ebadi “il regime e’ infiltrato, profondamente. E la popolazione e’ scontenta, troppo per il richiamo della bandiera. La classe media e’ crollata, i prezzi sono alle stelle, gli appartamenti proibitivi: la gente per vivere affitta le soffitte o porzioni di terrazze condominiali dove piazzare la tenda. Ogni giorno ci sono proteste, piu’ che studenti sono operai, impiegati, pensionati”. Infine, la valutazione di Ebadi e’ che “la guerra non risolve i problemi, aumenta quelli che ci sono” ed e’ per questo dice, “che sostengo qualsiasi accordo di pace, anche quello tra Israele, il Bahrein e gli Emirati”. “Ben venga – conclude la Premio Nobel per la pace – “se arabi e israeliani si parlano, spero che un giorno questo dialogo comprenda anche i palestinesi che oggi ne sono esclusi. Sono convinta che alla fine, contrariamente al fatto che nascano in funzione anti-Iran, questi accordi ridurranno la tensione in Medio Oriente”. (Agi)

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