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    Il trattato con l’Iran, “essenzialmente pronto” è sospeso – Perché dovrebbe essere del tutto annullato

    L’ha annunciato venerdì pomeriggio con un tweet l’Alto Commissario per gli Affari Esterni dell’Unione Europea, Josep Borrell : “A causa di fattori esterni è necessaria una pausa nei colloqui di Vienna”, anche se “il testo finale è essenzialmente pronto e sul tavolo”. I “fattori esterni” sono naturalmente l’aggressione russa all’Ucraina, con le sanzioni che ne conseguono. Il “testo finale” è quello del nuovo accordo nucleare con l’Iran, giudicato molto negativamente da Israele e dai paesi del Golfo. Si apre dunque sperabilmente lo spazio per una riflessione dell’Europa e soprattutto degli Stati Uniti rispetto a questa trattativa, che l’amministrazione Biden ha voluto a ogni costo concludere.

     

    Il legame fra l’accordo con l’Iran e l’Ucraina non è difficile da cogliere. La Russia è il principale alleato dell’Iran, lo ha armato e lo protegge. L’Iran persegue una politica regionale di egemonia e di aggressione non diversa da quella che la Russia cerca di esercitare in Europa, con la differenza che il suo imperialismo si è già molto sviluppato e controlla in tutto o in parte Iraq, Siria, Libano, Yemen, Gaza, e assale i paesi sunniti, soprattutto quelli del Golfo (Emirati, Baherin, Arabia) e Israele. Il “testo sul tavolo”, in cambio dell’impegno iraniano a sospendere la produzione dell’uranio arricchito, che è il combustibile della bomba atomica, peraltro senza troppe verifiche, senza la cessazione delle aggressioni regionali e senza l’eliminazione del programma missilistico già molto avanzato che serve a portare la minaccia nucleare sui paesi nemici, garantirebbe all’Iran subito un tesoro intorno ai 90 miliardi di dollari di beni congelati e in seguito la possibilità di ottenere circa 60 miliardi all’anno. Sono somme enormi, che in buona parte confluirebbero nell’acquisto di armi dalla Russia, finanziando anche il progetto imperialista di Putin. Alla fine del trattato, fra pochi anni, o magari anche prima in caso di tensioni che l’autorizzassero ai suoi stessi occhi a stracciare gli accordi, l’Iran diventerebbe uno stato ufficialmente nucleare. Non c’è alcuna prevenzione di questo sviluppo. E l’invasione russa in Ucraina mostra come la deterrenza nucleare renda possibile a uno stato aggredirne un altro senza temere ritorsioni militari.

     

    Insomma, il problema è abbastanza grave da aver suscitato tanto allarme in Turchia, vicino sunnita dell’Iran, negli ultimi vent’anni molto ostile a Israele, da aver suggerito un riavvicinamento, marcato dalla visita del presidente israeliano Herzog ad Ankara, la prima da moltissimo tempo, che si è svolta nei giorni scorsi. Anche l’Arabia ha compiuto il passo molto nuovo di dichiarare ufficialmente, per bocca del suo erede al trono Mohammed bin Salman che Israele non è più un nemico, ma semmai un possibile alleato. Si profila dunque il consolidamento di due blocchi in Medio Oriente, da un lato l’Iran coi suoi satelliti sostenuto da Russia e Cina, dall’altro Israele e i paesi sunniti della regione, con alleanze che si estendono fino all’Azerbaijan e al Pakistan. E’ molto preoccupante da dire, ma questi potrebbero essere gli schieramenti di una nuova guerra futura e neanche tanto futura, dato che gli stati del blocco anti-iraniano possono agire solo prima che gli ayatollah abbiano realizzato l’armamento atomico o vi si siano molto avvicinati e dunque molto presto.

     

    L’aspetto bizzarro di questa situazione è che gli Stati Uniti e l’Unione Europea invece di schierarsi coi loro alleati tradizionali e magari rassicurarli e moderarli col loro appoggio si sono ostinati a riprendere la fallimentare politica di Obama nel cercare di rabbonire col denaro quelli che restano esplicitamente nemici, cioè l’Iran e i suoi alleati. Il risultato è che l’Iran non abbandona la sua ostilità per l’Occidente, non frena il suo imperialismo, ma pensa come Putin che America e Europa siano abbastanza decadenti e sciocchi da vender loro la corda con cui li impiccheranno, come diceva Lenin. E che il blocco dei suoi avversari impara anche dalle vicende ucraine di non poter far conto sulla protezione americana e di dover pensare a come garantirsela da sé.

     

    Insomma gli accordi di Vienna sono un disastro anche nei dettagli, accettano a quanto pare anche la richiesta iraniana di togliere dalla lista americana dei terroristi le loro “guardie rivoluzionarie” che sono i principali organizzatori delle guerriglie in Medio Oriente, tanto che alcuni dei principali negoziatori americani scelti all’amministrazione Biden si sono dimessi, perché non vogliono essere complici di questo disastro e che anche il Congresso a maggioranza democratica esprime crescenti inquietudini. Ma soprattutto si tratta della ricetta di una nuova guerra che devasterebbe il Medio Oriente, col prevedibile conseguente disastro economico e sociale. Il terzo fallimento attribuibile all’amministrazione Biden, dopo l’Afghanistan e l’Ucraina. Per fortuna questo disastro è ora sospeso. Si può solo sperare che la sofferenza dell’Ucraina serva da lezione per l’Unione Europea e soprattutto per l’Amministrazione americana.

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