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    Il terrorista di Strasburgo: un jihadista islamico poco religioso

    Andava matto per la cannabis e usava anche droghe pesanti. Solo
    qualche giorno fa era uscito ubriaco fradicio da un pub di Hohberg, il
    quartiere dove abitava fino a martedì sera, giorno in cui era occupato a
    scappare dalla polizia dopo la strage al mercatino di Natale di Strasburgo. Il
    ritratto che emerge in queste ore di Cherif Chekatt non è proprio quello di un
    integerrimo devoto islamista. Chi lo conosceva bene asserisce che Cherif era
    solito scendere dal suo appartamento al terzo piano in rue Tite Live per
    comprare la droga in strada e risalire a farsela nella tranquillità delle mura
    interne. Tranquillità turbata proprio nella mattina di martedì dalla polizia
    che era andato ad arrestarlo, senza trovarlo, per una rapina a mano armata
    finita con un tentato omicidio nello scorso agosto. Fedina penale lunga un
    chilometro quella di Chekatt che aveva collezionato prima della strage ben 27
    condanne e scontato due pene di due anni ciascuna nelle carceri francesi. E
    proprio negli ultimi mesi di prigione, attorno al gennaio 2015 secondo alcuni
    compagni di cella, Cherif Chekatt si era radicalizzato abbracciando “la pratica
    della religione islamica sotto forma radicale” fino ad essere identificato
    dalla prefettura con la “S”, che sta per “minaccia alla sicurezza nazionale”.
    Spaccio, droga, ricettazione, furto, rapina, violenza privata, nell’identikit
    del killer non mancava quasi niente. Ma come può un ex galeotto con il vizio
    della droga affiliarsi ad una fazione terroristica di matrice religiosa che fa
    del fondamentalismo la base della propria condotta di vita? La risposta è che
    ormai gli ambienti ultraradicali, compresi quelli qaedisti, hanno rinunciato a
    richiedere certi “requisiti” puntando a una turbo radicalizzazione basata più
    sulla creazione di un nemico comune che su una ideologia condivisa. Adesso
    l’aspirante martire, come avvenuto con Amis Amri, l’autore della strage di
    Berlino ucciso dalla polizia a Sesto San Giovanni, non si fa più saltare in
    aria ma fugge, rimane vivo e scappa come era abituato a fare nel suo recente
    passato di criminale per cercare di salvarsi, scomparendo. Come se il
    delinquente ascendesse, per modo di dire, da una scala di valore di interesse
    personale ad una generale, collettiva e perciò nobilitante. Una sfera in cui
    cerca una redenzione benedetta da un bagno di sangue di innocenti. Chekatt è
    stato ucciso dalle forze speciali nel quartiere di Neudorf, luogo che
    conosceva benissimo e dove probabilmente qualcuno lo ha nascosto. Un estremista fai da te,
    a cui sono bastate poche istruzioni per entrare in azione. Con la benedizione,
    postuma, dello Stato Islamico. 

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