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    Dante Alighieri e Primo Levi: un originale accostamento teatrale

    Primo Levi e Dante Alighieri. Un accostamento, a prima vista, ben singolare, data la grande diversità dei contesti politici, sociali, culturali  in cui hanno operato questi due grandi della letteratura italiana. Eppure, meno strano di quanto puo’ sembrare, considerando, se ‘non altro l’ analogia tra il viaggio all’Inferno e negli altri regni dell’Oltretomba, sino alla finale purificazione in Paradiso, di Dante e il “viaggio nella vertigine” dei lager di Primo, con la finale catarsi della liberazione e del ritorno a casa. E’ quel che ha cercato di focalizzare Gabriele Laterza, docente di Lettere al Liceo “Amaldi” di Alzano Lombardo (Bergamo), nello spettacolo teatrale “Uomini o no” (chiaro il riferimento anche al capolavoro di Elio Vittorini): rappresentato a Roma per iniziativa del “Gruppo IVS Italia”, al Centro Congressi “Le Jardin Potager”,  realtà dove opera Charly Di Consiglio, ebreo che ha avuto ben 33 familiari morti nella Seconda guerra mondiale (tra Auschwitz e le Fosse Ardeatine). 

      Non nuovo a letture sceneggiate di altri grandi testi (dai “Promessi Sposi” allo “Zibaldone” leopardiano), Laterza precisa di ave voluto portare in scena le pagine di Levi sempre per stimolare il pubblico a interrogarsi sul senso della vita e sui grandi perchè della storia: nel solco d’ una tradizione, del resto, che sin dai tempi piu’ antichi ha spinto gli intellettuali a recitare, nelle varie “agorà”, i testi piu’ significativi dei classici. La scelta di accostare i testi leviani a quelli danteschi – ha precisato – nasce anzitutto dalle analogie esistenziali tra i percorsi di Levi e dell’ Alighieri ( anche tra l’esilio del secondo e la “tregua”, con un lungo girovagare per l’ Europa appena liberata  dal nazismo, del primo). Analogia che, in alcune pagine di “Se questo è un uomo”, lo stesso Levi avverte specificamente: quando traduce in francese, per un compagno di prigionia, le pagine del XXVI canto dell’ “Inferno”, dedicate al “folle volo” di Ulisse. Esperienza che gli fa vedere in una luce nuova la sua terribile avventura nel lager. Sia, diremmo, perchè , come l’ Ulisse dantesco, avverte di stare vivendo un’ odissea tragica, ai confini della sofferenza umana, senza poterne assolutamente prevedere lo sbocco finale; e sia perchè coglie, Levi , l’ indubbia analogia tra gli ignavi danteschi (vissuti senza fare mai nè male, nè bene) e quanti, nell’ Europa degli anni ’30- ’40, videro il male delle dittature ma non ebbero mai il coraggio di fare neanche quel poco che avrebbero potuto per contrastarle.

    Lo spettacolo – col patrocinio dell’ associazione ebraica “Bené Berith” ( attiva in piu’ di 50 Paesi) , ha avuto momenti di grande suggestione, legata anche  a un sapiente uso delle luci. Sarà replicato il 27 gennaio prossimo, per la Giornata della memoria, a Selvino (Bergamo): per l’inaugurazione del Museo di Sciesopoli , colonia che, subito dopo la seconda guerra mondiale, ospitò 800 bambini ebrei.   

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