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    Conte e il déjà vu

    Il video della diretta social di Giuseppe Conte in cui il leader del Movimento 5 Stelle chiede agli ebrei di dissociarsi da Israele, ha ricordato a molti un’epoca che pensavamo e speravamo di aver lasciato alle spalle. L’epoca, non troppo lontana, in cui parte della stampa e della politica italiana chiedeva agli ebrei di discolparsi, contribuendo così al clima grazie al quale nell’’82 i terroristi palestinesi hanno potuto agire indisturbati a Roma, spargere sangue e uccidere un bambino di due anni davanti al Tempio Maggiore. La richiesta oscena di Conte è ancora un’eccezione in Italia a cui si spera non si aggiungano altre voci, perché la storia insegna quanto pericolosi siano questi inviti, che suonano come intimazioni (“Lo dico a tutti gli amici ebrei, dovete assolutamente dissociarvi…”).

    L’invettiva contro lo Stato d’Israele del leader M5S dimentica, naturalmente, i rapiti ancora prigionieri di Hamas, gli stupri, le esecuzioni, le violenze bestiali del 7 ottobre, gli attentati e i missili che ogni giorno turbano e minacciano la vita degli israeliani, e tengono in costante apprensione le comunità della Diaspora. Un’amnesia volontaria, quella di Conte, un fenomeno purtroppo diffuso che diventa evidente sfogliando i giornali e scrollando i social.  Anche queste dimenticanze hanno il sapore di un amaro déjà vu: Rosellina Balbi, nel suo ormai celebre fondo titolato “Davide discolpati”, nel luglio dell’ ’82, dopo che i sindacati avevano scaraventato una bara vuota davanti alla Sinagoga,  definiva il vizio di non ricordare i fatti e le ragioni d’Israele come il frutto del pregiudizio sfavorevole nei confronti degli ebrei e dello Stato Ebraico. Balbi, in quella pagina che fece storia, stigmatizzava l’uso delle parole malate e promuoveva l’esigenza di guarirle. Abbiamo osservato l’espressione di Conte mentre pronuncia e ripete la parola sterminio, riferendola alle operazioni dell’esercito israeliano: è così che tornano le bugie più odiose su Israele e sulla Storia, ed è da lì, ancora una volta, che trapela l’illusione di poter continuare ad abusare della libertà di condividere menzogne con le parole malate. Sono i giorni che viviamo, ma anche un déjà vu.

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