Si è spenta all’età di 94 anni Carla Cohn, sopravvissuta ai Lager di Terezin, Auschwitz-Birkenau e Mauthausen.
Nata a Berlino il 13 giugno 1927, da una famiglia borghese immersa nel mondo culturale tedesco: la sua casa era infatti un luogo d’incontro per musicisti e amanti della musica.
Suo padre ricevette il riconoscimento Croce di Ferro di prima classe, per aver combattuto durante la Prima Guerra Mondiale. Ma questo non bastò a salvare la sua famiglia dalla deportazione.
Fu deportata insieme a suo fratello a Terezín nel 1942 e poco dopo trasferita ad Auschwitz-Birkenau, dove una SS,avendola scambiata per un’altra persona, la salvò dalle camere a gas.
Insieme ad altre 500 donne fu trasferita a lavorare al campo di concentramento di Mauthausen, dove rimase fino all’arrivo degli alleati.
Dopo la liberazione andò a Roma, poi il viaggio in Palestina e il ritorno a Berlino, dove non trovò l’accoglienza desiderata, piuttosto ostilità e ostracismo: la sua Berlino non era più la terra che aveva lasciato, luogo di arte e musica in cui aveva trascorso l’infanzia, ma una terra distrutta dalla Guerra.
Si trasferí in America, dove rimase per diciannove anni prima di tornare a vivere a Roma, dove iniziò a lavorare come psicoterapeuta.
Nel 2014 pubblicò il libro “Le mie nove vite. Attraverso il retrospettoscopio” con Castelvecchi: un volume che raccoglie la sua testimonianza, raccontata con il “retrospettoscopio”, uno strumento che consente di rileggere il passato e trovare un senso e un equilibrio.
Carla aveva anche ispirato il racconto “Berlinesi”, di Aldo Zargani z.l., pubblicato nella raccolta “In bilico” e nella rivista Doppio zero.
Con lei se ne va un’altra testimone chiave della Shoah:
“La ricordiamo come una signora bellissima,
con i suoi particolari occhi azzurro-verdi e la sua presenza forte e discreta” con queste parole la saluta l’Associazione Progetto Memoria, con cui Carla Cohn ha collaborato, andando nelle scuole a raccontare la sua testimonianza.
Che il suo nome e la sua Memoria siano benedizione.