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    “Siamo troppo protettivi con i nostri figli. Senza il dolore non si cresce” – Intervista a Raffaele Morelli, psichiatra e psicoterapeuta

    “Nessuna epoca si è occupata tanto dei figli come la nostra. Ce ne stiamo occupando troppo, li trattiamo veramente in modo infantile, appena hanno un problema a scuola corriamo da loro”.

    Per lo psichiatra e psicoterapeuta Raffaele Morelli oggi è come se in una corsa ad ostacoli, i genitori restino in pista insieme ai figli per togliere loro ogni barriera che hanno davanti. E così, secondo Morelli, i figli non crescono, non affrontano i disagi “perché solo passando per il dolore si cresce”. Shalom lo ha intervistato.

     

    Qual è la fotografia della gioventù di oggi e delle sue problematiche? Cosa è cambiato rispetto al passato?

    I bambini piccoli non hanno problematiche significative. Via via che andiamo verso l’adolescenza, le problematiche possono diventare enormi, anche perché oggi ci sono i social. Il bambino e l’adolescente sono molto legati al mondo interno; ai bambini bisogna raccontare le fiabe. I bambini crescono nel mondo dentro l’immaginario, adesso ci sono i social, strumenti in cui l’essere è soltanto l’apparire. È anche venuta meno l’autorità. Oggi i genitori sono trattati non come coloro che dirigono ma come coloro che devono ascoltare i capricci, o che impongono delle regole che quasi mai vengono accettate. Non solo abbiamo perso l’autorità ma non usiamo più la creatività come un farmaco. La differenza che c’è tra l’uomo e l’animale è la grande capacità creativa che solo l’uomo ha. Per sapere se tuo figlio sta bene o no, fai questo test: fa azioni creative? L’altro grande problema è la perdita del sacro. Il sacro è stato allontanato e quindi c’è l’idea che il mondo è tutto qui.

     

    Cosa intende quando afferma che il sacro è stato allontanato?

    Il sacro non è determinante nella cultura di oggi. Dio non compare nel rumore, non compare nella parola, ma compare nel silenzio. Questo è il tema di tutte le tradizioni religiose. L’ebraismo è una religione legata alla natura, al mutare delle lune, delle stagioni. Un insegnante mi ha scritto per dirmi che i suoi bambini, che fanno la quarta elementare, non hanno la minima idea del susseguirsi dei mesi e delle stagioni e non pensano che le piante nascano dai semi. Non vedono più la natura. Non c’è più la natura, il sacro, al loro posto c’è una dimensione reale che ha preso il sopravvento in modo totale, per cui “io perché esisto? Per avere l’approvazione dei miei amici”. Quindi si esiste solo in gruppo, ed ecco l’adolescenza. Il lockdown, in questo senso, ha fatto dei danni incalcolabili agli adolescenti, che vivono in gruppo e non sono abituati a stare da soli. E spesso significa fumo, alcol, incapacità di reggere la propria interiorità, quindi scattano meccanismi che si stanno diffondendo di autolesionismo, anoressia e aumento del suicidio adolescenziale.

     

    Questa è la causa scatenante di quel fenomeno della violenza di branco…

    Il bullismo e le baby gang si stanno diffondendo a macchia d’olio. La violenza di gruppo si forma sempre quando la cultura si fa esteriore e banale. Oggi quali sono i modelli che noi lanciamo? Il lifting, restare sempre giovane, che è un’idiozia, perché nasci per invecchiare e poi morire. La saggezza prima di una certa età non può venire, perché il cervello non è sostanza della saggezza, si fa strada facendo. Se vogliamo educare i giovani, dobbiamo spiegargli che il lifting è una malattia sociale gravissima, che crea grandi traumi, contrariamente a quello che si pensa, perché ti cambia l’identità, il volto. È come andare contro il tempo che sta arrivando. Nell’ebraismo il divenire è un elemento fondamentale. Queste sono tematiche che a noi non interessano più.

     

    C’è chi sostiene che oggi i ragazzi hanno un rapporto troppo amichevole con i genitori e che questo porti a un cortocircuito.

    Il rapporto genitori-figli, per quanto i genitori siano aperti, deve essere un rapporto di distanza. Qualche giorno fa ero con una giornalista. Rispondendo ad una telefonata, lei diceva dal figlio “Sì amore, sì amore”. Parlava con suo figlio che ha 28 anni. Nel suo cervello si sta formando l’idea che lui è l’amore della mamma. E tutte in tutte le relazioni che avrà sarà sempre “l’amore della mamma”. Questo è un problema. L’altro problema è l’autorità: a cosa serve dire di no? Serve a ricordare che c’è qualcuno che dirige. La crescita viene attraverso il dolore. Attraverso il sapere che ci sono cose che non puoi fare, che c’è una legge a cui devi attenerti. Ognuno deve avere il suo ruolo. I genitori fanno i genitori. Gli insegnanti fanno gli insegnanti. E ricordiamoci che ostacolare gli insegnanti significa bloccare l’autorità.

     

    Quali sono le possibili soluzioni?

    Non bisogna drammatizzare. La soluzione è guardare. Per esempio nel chassidismo c’è questo tema, guardare il debole, guardare il problema. L’ebraismo è una religione costruita nel futuro, sul mutamento continuo, ma lasciando perennemente una traccia identica. Se il sacro è assente, siamo in mezzo alle forze del caos. Noi dobbiamo, anche in famiglia, smettere di parlare di Rolex, di soldi, ma parlare delle cose profonde, soffermarsi nello spiegare il senso di certi riti, perché il sacro emerge goccia a goccia. E poi bisogna smettere di lamentarsi dei problemi, il rifugio è all’interno mai all’esterno, e noi abbiamo perso l’interno. 

     

    Che significa smettere di parlare dei problemi? Bisogna riconoscerli i problemi.

    Se i genitori parlano dei problemi diventano “pallosi”. I genitori devono intervenire quando vedono che il bambino, l’adolescente, si sta perdendo, cioè che ha perso la creatività, l’interesse, le passioni,  si è chiuso nel branco. Lì l’intervento dei genitori è decisivo. Se continui a fargli vedere un mondo cattivo, brutto, non fai nient’altro che spingerli in quel mondo.

     

    Puoi dare un consiglio pratico ai genitori?

    Il consiglio pratico più importante è ricordare che fra i figli e i genitori c’è tanto affetto e tanta distanza. Che cosa vuol dire distanza: “Io dirigo il bambino”. Il bambino ha bisogno di essere diretto. Ha bisogno d’amore e di essere diretto. Nel momento in cui siamo alla pari, c’è qualcosa che non va. Impariamo a dire no ai figli, perché li aiuta a crescere: guai a pensare che un bambino senza dolore possa crescere bene. I no servono a creare quello stato doloroso, che è il fenomeno fondamentale della crescita. I bambini sempre felici, senza dolori, pieni di giochi e regali, sono bambini capricciosi, a cui verranno poi i dolori. Altro problema di questa società è che noi manteniamo i bambini troppo acerbi, troppo infantili, perché li coccoliamo troppo, non gli permettiamo la distanza, l’indipendenza. Questo non va bene perché l’indipendenza è il cardine dell’evoluzione.

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