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    1 febbraio 1979: 40 anni fa Khomeini tornava a Teheran e l’Iran cadeva nell’oscurantismo religioso e odio anti israeliano

    Sono passati quarant’anni da quell’1 febbraio 1979, quando
    l’ayatollah Khomeini fece ritorno a Teheran, dopo un esilio forzato durato 15
    anni. Dieci giorni prima del suo arrivo, a fuggire dall’Iran era stato invece
    il suo ‘nemico’, lo scia’ Mohammad Reza Pahlavi (che aveva intrattenuto
    rapporti sempre amichevoli con Israele), che lo aveva cacciato nel 1964. Da
    questi due viaggi opposti ha preso il via la rivoluzione khomeinista di matrice
    islamista, segnando una svolta nella storia dell’Iran moderno e ripercussioni
    importanti nel resto del mondo e soprattutto in medio oriente.

    L’1 febbraio di quaranta anni fa Ruhollah Musavi, meglio noto
    appunto come l’ayatollah Khomeini, scese le scale del Jumbo della compagnia
    aerea Air France, decollato dall’aeroporto Charles De Gaulle di Parigi e
    atterrato nello scalo iraniano di Merabad. Durante il celebre viaggio, a un giornalista
    che gli chiese cosa provasse a tornare nel proprio Paese dopo cosi’ tanti anni,
    Khomeini rispose semplicemente: “Hitchi” (“Niente”). Ad
    attenderlo una folla di uomini e donne che lo accolsero come eroe della patria.
    Da li’ a pochi giorni, per l’esattezza l’11 febbraio, la rivoluzione dell’ayatollah
    avrebbe modificato radicalmente il volto della nascente Repubblica Islamica
    dell’Iran.

    La dottrina filosofica e politica di Khomeini, alla base
    della Rivoluzione Islamica successivamente attuata in Iran, e’ stata elaborata
    durante lo studio e la permanenza nella citta’ irachena di Najaf. Alla base della
    sua ideologia la cosiddetta ‘velayat e-faqih’ (‘governo del giureconsulto’)
    nella quale il giurista musulmano e’ esperto della legge emanata direttamente da
    Dio oltre ad esserne l’unico interprete autentico, il mujtahid. Tocca a lui
    sovrintendere a ogni azione e decisione del Parlamento, affinche’ si conformi a
    quello che il giurista stesso (faqih) ritiene esserne la corretta
    interpretazione.

    Per decenni, prima e dopo la rivoluzione islamica del 1979,
    l’ayatollah Khomeini denuncio’ l’avvelenamento della societa’ da parte della
    cultura occidentale e bandi’ tutto, dalla musica alla danza all’arte moderna.

    In questi 40 anni la teocrazia iraniana si è mossa su due
    piani: la repressione interna (tutti i comportamenti vietati dal Corano sono
    considerati reati, puniti anche con l’impiccagione) e l’esportazione
    dell’integralismo islamista sciita e il conseguente terrorismo all’estero
    contro dissidenti, contro istituzioni ebraiche e rappresentanze israeliane.

    Decine i casi di diplomatici iraniani espulsi per attività
    non diplomatiche e di attentati sventati (Albania, Francia, Danimarca, Belgio),
    tutti risalenti a direttive inviate da Teheran. Tra i gravi attentati di cui l’Iran
    è stata mandante e organizzatrice, si ricordano: 1983 a Beirut, attentati
    all’ambasciata americana e ai comandi dei marines Usa e dei parà francesi nella
    capitale libanese, con più di 500 vittime; a Buenos Aires il 17 marzo 1992
    un’autobomba fu fatta esplodere di fronte alla sede argentina dell’ambasciata
    israeliana, causando ventinove morti e duecentoquarantadue feriti; a Buenos
    Aires il 18 luglio 1994, l’attentato contro un’associazione ebraica (Asociación
    Mutual Israelita Argentina) con 85 morti e centinaia di feriti; in Arabia
    Saudita, nel 1996, a Khobar con 19 marines uccisi; a Bangkok il 15 febbraio
    2012 tre attentati, nei quali un attentatore iraniano rimane gravemente ferito;
    il 18 luglio 2012 una bomba viene fatta esplodere a Burgas (Bulgaria) vicino a tre
    autobus di turisti israeliani, 8 morti e 30 feriti. La lista delle operazioni
    terroristiche del regime iraniano è davvero lunga e continua. Il regime ha sparso
    il sangue dei suoi dissidenti in Turchia, Germania, Austria, Francia, Olanda e
    in Italia, a Roma dove nel marzo 1993 ha assassinato il rappresentante in
    Italia del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana.

    Ma oltre agli attentati all’estero il regime iraniano,
    segnato in questi anni da un costante espansionismo territoriale, ha cercato di
    esportare la guerra contro i suoi tradizionali nemici: gli Stati Uniti (il
    momento più drammatico fu la cattura a Teheran di 52 membri dell’ambasciata
    statunitense, tenuti in ostaggio dal 4 novembre 1979 al 20 gennaio 1981) e
    Israele (a Teheran c’è un orologio digitale che segna quanto manca alla
    distruzione dello Stato ebraico). Innanzitutto da ricordare la guerra scoppiata
    tra l’Iran e l’Iran nel settembre 1980 e terminata otto anni dopo con un
    milione di morti. Poi l’occupazione del Libano meridionale, attraverso le
    milizie alleate di Hezbollah. guidate dal religiosi sciita Nashrallah e più
    recentemente il sostegno militare alla Siria, in funzione anti israeliana, con
    il tentativo di introdurre vicino al confine del Golan sotto controllo di
    Israele una serie di nuovi e più potenti sistemi di attacco che cambierebbero
    gli attuali equilibri strategici.

    In ultimo il tentativo del regime iraniano di dotarsi di
    armamenti nucleari – nonostante le assicurazioni contrarie – da installare su
    i loro sistemi balistici, già molto efficienti. Una minaccia che Stati Uniti e
    Israele hanno sempre considerato inaccettabile. Mentre l’Unione Europea ipocritamente
    considera Teheran un ottimo partner commerciale.

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