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    Mondo

    Un rapporto del Ministero della Diaspora di Israele denuncia la crescita dell’antisemitismo in Europa

    La dilatazione spaventosa dell’antisemitismo
    A partire dalle stragi del 7 ottobre dell’anno scorso l’antisemitismo nel mondo e anche nel nostro Paese è cresciuto in maniera esplosiva. Basta scorrere i media, guardare la televisione, frequentare le città per rendersene conto. Non vi sono solo i pogrom come ad Amsterdam, vi sono state le manifestazioni piene di slogan minacciosi, le occupazioni di scuole e università sotto le bandiere genocide di Hamas, i discorsi insinuanti di politici, influencer e giornalisti e talvolta anche le violenze verbali di autonominati opinion leader o persone qualunque sui social media. Sono state pubblicate liste di proscrizione degli “agenti sionisti”, vi sono state minacce ad associazioni, scritte insultanti vicino alle sinagoghe, gesti d’odio di tutti i tipi. Si è sdoganata l’idea perversa che “gli ebrei fanno ai palestinesi qual che i nazisti avevano fatto loro”, cioè il “genocidio di Gaza” che ormai è un luogo comune, come la calunnia medievale per cui “gli ebrei ammazzano i bambini”. In Italia, per fortuna, non sono state realizzate violenze fisiche dirette, grazie alla vigilanza delle forze dell’ordine.

    Il legame ideologico
    Come ha mostrato già un anno fa in maniera scientifica una ricerca dell’Istituto Cattaneo diretta dal prof. Asher Colombo dell’Università di Bologna condotta sugli studenti di tre università del Nord, questa crescita esplosiva dell’antisemitismo è partita immediatamente dopo il pogrom del 7 ottobre, ben prima che l’esercito israeliano iniziasse i combattimenti a Gaza. Come ha spiegato lo stesso Colombo, la miccia dell’esplosione è stata la percezione della debolezza di Israele dovuta alle stragi, che ha attizzato un odio implicito nell’ideologia “anti-imperalista” soprattutto fra gli studenti che si definivano di sinistra. In seguito, il fatto che Israele si difendesse e fosse in grado di colpire i terroristi, anche se con danni collaterali che peraltro sono i meno gravi di tutte le guerre del passato, ha fatto aumentare ancora quest’odio. Tutte le calunnie propagandistiche dei terroristi sono state accettate come verità sacrosanta e chi ha osato smentirle è stato colpito in tutti i modi.

    Un rapporto importante
    È passato più di un anno da questa esplosione antisemita e l’odio contro gli ebrei e Israele non si è affatto acquietato. Lo mostra un’impressionante analisi appena pubblicata dal Ministero per la diaspora e la lotta all’antisemitismo di Israele, intitolato “Antisemitismo e antisionismo in Europa dopo il 7 ottobre”. Sono quaranta pagine di dati freddi e concreti, attentamente limitati ai fatti, senza concedere nulla all’indignazione o all’orrore. Vi si trova che la frequenza degli atti antisemiti nel nostro continente, senza considerare la Russia e la Turchia, è aumentata in quest’anno del 400% rispetto al periodo precedente, che per esempio i post antisemiti su X (già Twitter), scelto come caso di studio, si è mantenuto costantemente intorno al livello dei 20 mila al giorno (con punte di 60 mila), raggiungendo totali di milioni in paesi come Gran Bretagna (2,5 milioni), Francia (1,3 milioni), Spagna (1,1 milioni) e oltre 250 mila in Italia; che anche prima di Amsterdam vi sono state centinaia di “incidenti antisemiti” cioè gravi attacchi fisici in grado di mettere in difficoltà individui e gruppi o addirittura di minacciare la loro vita (44 in Gran Bretagna, 39 in Germania, 34 in Francia, 13 in Italia nell’ultimo anno). Dall’analisi israeliana emerge quello che chiunque poteva intuire, ma che qui è dettagliatamente documentato: non si tratta di un’ondata spontanea dell’opinione pubblica, ma di una campagna organizzata, che ha autori ben precisi, i cui principali sono elencati nel documento. Da un lato agiscono “influencer”, a partire da politici di primo piano come il leader dell’estrema sinistra francese Melanchon e l’ex segretario dei laburisti inglesi Corbyn – come del resto i loro pari italiani. Ma vi sono anche coloro senza cariche ufficiali si mobilitano nella campagna contro Israele e gli ebrei, come il pregiudicato cuoco Gabriele Rubini, il solo italiano citato nel rapporto. E poi vi è una galassia ben finanziata di organizzazioni, gruppi, associazioni, che agiscono sia nella diffamazione sul web che nell’aggressione fisica.

    Come reagire?
    L’apparato messo in piedi dagli antisemiti difficilmente sparirà presto. È probabile dunque che la situazione denunciata dalla ricerca israeliana continuerà probabilmente anche al di là della fine della guerra. Per fronteggiarlo bisogna innanzitutto essere molto fermi nello spiegare che non vi è differenza fra antisionismo e antisemitismo; che il primo è la forma contemporanea più ipocrita del secondo. Bisogna poi sapere e far sapere che Israele difende tutto il popolo ebraico, sia quello che risiede in Israele sia quello che si trova altrove. Questa è una garanzia fondamentale per la vita di tutto l’ebraismo. Infine bisogna capire che non vi è solo l’antisemitismo evidente e rabbioso di chi cerca di colpire gli ebrei fisicamente o sul piano comunicativo, che dà la caccia ai sostenitori delle squadre di calcio israeliano e se la prende coi murales che rappresentano testimoni della Shoah come Liliana Segre, ma anche quello di chi in maniera più ipocrita attacca Israele in nome della “risposta sproporzionata” se non del “genocidio” di Gaza. Bisogna imparare a difendersi da entrambi e denunciare non solo la violenza, ma anche la falsità e l’ipocrisia contro Israele.

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