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    Mondo

    La corsa alla presidenza degli Stati Uniti nel segno della lealtà a Israele

    Nonostante l’attentato all’ex presidente degli Stati Uniti Donald Trump e le polemiche sulla candidatura di Joe Biden, la campagna elettorale dei Repubblicani e dei Democratici corre spedita, seguendo quelle che sono le tappe obbligate per i due candidati alla presidenza USA, come le convention dei partiti.
    In questi giorni a Milwaukee si sta tenendo quella del partito Repubblicano, che ha confermato Trump come suo candidato per le elezioni di novembre. Nelle scorse ore il tycoon ha scelto chi sarà il suo vice: James David Vance, senatore trentanovenne dell’Ohio.

    Ex marines, laureato a Yale, venture capitalist e autore del best-seller Elegia Americana, J.D. Vance rappresentante l’ala dura del partito, ed è emerso per i suoi toni aspri nei confronti di Joe Biden. Isolazionista e contrario all’invio di armi all’Ucraina, è favorevole al sostegno a Israele.

    Subito dopo la nomina a “running mate” di Trump, Vance è stato intervistato da Fox News. Il senatore ha attaccato l’attuale amministrazione americana, criticando le pressioni esercitate dalla Casa Bianca per un uso più limitato della forza contro Hamas. “Joe Biden ha reso la vittoria di Israele sempre più difficile”, ha commentato il candidato vicepresidente. “Vogliamo che Israele concluda questa guerra il più rapidamente possibile, perché più si protrae, più la loro situazione diventa difficile. Ma in secondo luogo, dopo la guerra, vogliamo rinvigorire il processo di pace tra Israele, Arabia Saudita, Giordania e così via”. Alla CNN ha invece riconosciuto la completa autonomia nel gestire la guerra. “Non siamo bravi a gestire le guerre in Medio Oriente, gli israeliani sono nostri alleati, lasciamo che portino avanti questa guerra nel modo che ritengono più opportuno” ha sottolineato.

    Mentre per Trump la nomina a candidato presidente è filata liscia, lo stesso non si può dire per il presidente Joe Biden, ritenuto da sempre più persone non in grado di ricoprire il ruolo. Per cercare di ricucire con il suo elettorato, sempre più scettico, il Presidente americano sta facendo numerose uscite pubbliche, tra comizi e interviste. Nell’ultima Biden ha espresso in maniera inequivocabile il suo sostegno allo Stato d’Israele. “Sono un sionista e il più grande sostenitore di Israele” ha affermato al piattaforma online Complex, lamentandosi del fatto che il termine sia spesso male interpretato. “Diverse persone non sanno cosa sia un sionista”, ha detto, prima di chiedere all’intervistatore se almeno sa cosa sia un sionista. Il giornalista ha sorriso e si è rifiutato di rispondere.

    “Se non ci fosse Israele, ogni ebreo al mondo sarebbe a rischio. C’è bisogno che sia forte, e c’è bisogno, dopo la seconda guerra mondiale, che gli ebrei abbiano un posto che sia loro” ha aggiunto, dimostrando come non abbia abbandonato Israele nonostante i ricorrenti scontri con il governo del primo ministro Benjamin Netanyahu, prima e dopo lo scoppio della guerra.
    Ha poi aggiunto che “Hamas è un branco di delinquenti”, descrivendo gli orrori a cui ha assistito quando ha visitato lo Stato ebraico subito dopo il massacro del 7 ottobre.

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