L’antico regno degli Aramei
L’abbattimento del regime di Assad in Siria è importante per Israele, perché scompare un nemico giurato e un anello fondamentale della “catena di fuoco” con cui l’Iran ha cercato di strangolare lo Stato ebraico. Nessuno sa che politica seguirà il nuovo regime e quanto sarà pericolosa l’egemonia turca su di esso, per il momento però si tratta di un buon risultato della resistenza israeliana contro Hamas e Hezbollah. Ma c’è un’altra ragione per cui molti israeliani ed ebrei della diaspora guardano con partecipazione alle vicende siriane ed è lo strettissimo rapporto che questo Paese ha da sempre col mondo ebraico. È una storia molto antica, che parte da Abramo, il quale per venire da Haran in Mesopotamia (attuale Harran in Turchia), dove viveva la sua famiglia dovette seguire la grande strada della Mezzaluna fertile, da dove passarono nei secoli eserciti ittiti, egizi, assiri, babilonesi e persiani e poi macedoni e romani e crociati, ma anche mercanti, i patriarchi ma pure gli ebrei deportati dopo la fine del Regno di Israele e la distruzione del Primo tempio e poi i maestri che per un millennio andavano e venivano dalla Mesopotamia in Terra di Israele. Di questa strada Damasco è una tappa fondamentale, la più vicina a Israele, capitale di un territorio che Davide e Salomone conquistarono quando era la capitale degli Aramei. Di questo periodo resta l’importantissima stele di Tel Dan del IX secolo, oggi conservata al museo ebraico di Gerusalemme, in cui un re di Damasco si vanta di aver sconfitto la “casa di Davide”; la più antica testimonianza archeologica della regalità di Israele.
La sinagoga di Jobar (Damasco)
Di poco posteriore a quel tempo, secondo la tradizione locale, è la sinagoga di Jobar (oggi un quartiere di Damasco). Essa sarebbe stata costruita sopra una grotta dove il profeta Elia si sarebbe nascosto dalla persecuzione della regina Yezevel; qui il profeta avrebbe unto il grande re di Siria Hazael e consacrato il proprio successore Eliseo, che avrebbe poi personalmente costruito la sinagoga. Non ci sono certezze storiche e archeologiche per questa narrazione, ma certamente la sinagoga di Jobar rimase il luogo più sacro per gli ebrei siriani fino alla sua distruzione durante la guerra civile del 2014, quando fu saccheggiata dall’Isis e bombardata da Assad. C’è un restauro in corso da molti anni. Una notizia degli ultimi giorni è che una delegazione di imprenditori ebrei siriani e il rabbino capo della Siria, che vivono negli Stati Uniti, visiteranno il paese l’anno prossimo in seguito alla caduta del regime di Assad. Guidato dal filantropo americano-israeliano Moti Kahana, il gruppo riporterà a Damasco rotoli della Torah e altri oggetti ebraici salvati di Jobar. La delegazione si propone di restaurare la sinagoga, reinstallarvi la mezuzah e valutare cosa sia necessario per farla rivivere, anche se gli ebrei in Siria, che fine al 1948 erano circa 40 mila, oggi a quanto pare sono solo quattro. Bisogna ricordare che il numero notevole degli ebrei siriani e il loro insediamento in tutte le città (a Damasco il quartiere ebraico, pur senza ebrei, è ancora un’attrazione turistica), non significa che il loro soggiorno sia stato senza intoppi. Nei secoli vi sono state numerose persecuzioni. La più celebre è un caso di calunnia del sangue nel 1840, in cui gli ebrei Damasco furono accusati di aver ucciso un frate cattolico, padre Tommaso da Calangianus per levargli il sangue. La persecuzione cessò solo in seguito alle pressioni internazionali sul governo ottomano.
La sinagoga di Aleppo
Un altro luogo antichissimo è la Sinagoga di Aleppo. Secondo la tradizione ebraica locale, la Grande Sinagoga di Aleppo, nota come Al-Safra (la Gialla), sarebbe costruita da Joab ben Zeruiah, comandante dell’esercito del re Davide, subito dopo aver conquistato la città e alcuni ancora la chiamano col suo nome. Più volte distrutta (per esempio dai mongoli nel XIII secolo) e ricostruita, conserva ancora iscrizioni del IX secolo della nostra era. Il suo tesoro più prezioso era forse un manoscritto dell’intera Bibbia ebraica in 480 fogli, scritta in Terra di Israele nel IX secolo che si dice sia stata in possesso di Maimonide al Cairo. Questo “Codice di Aleppo” fu danneggiato nel rogo della sinagoga avvenuto nel 1948 durante le violenze islamiche seguite alla proclamazione dello Stato di Israele. Tutti gli ebrei di Aleppo fuggirono allora o negli anni successivi e anche quel che restava del Codice (295 fogli, da cui manca tutta la prima parte cioè la Torah vera e propria) fu avventurosamente contrabbandata in Israele e oggi è esposta al Museo ebraico di Gerusalemme, nel cosiddetto “sacrario del libro”, insieme ai rotoli del Mar Morto.
Antiochia
Non restano più molte tracce ebraiche antiche di Antiochia (oggi Antakia in Turchia), anche se vi si trova una vecchia sinagoga ancora attiva. Bisogna ricordare che questa città, fondata nel IV secolo e a lungo capitale dei Seleucidi (la dinastia di generali di Alessandro Magno che per due secoli governò la terra di Israele, da cui derivava Antioco IV Epifane, sconfitto dai Maccabei del 165), fu una delle più importanti del Mediterraneo orientale e divenne il rifugio per moltissimi ebrei durante la terribile repressione romana durante le due grandi rivolte del 70 e del 132-135 EC.
Dura Europos
Forse il tesoro più straordinario dell’ebraismo siriano è la sinagoga di Dura Europos, una città ellenistica e poi romana fondata dai Seleucidi nel deserto siriano accanto all’Eufrate, a metà strada fra Aleppo e Baghdad. Vi si trova una sinagoga eretta nel 244 EC, che ha la straordinaria caratteristica di essere molto riccamente affrescata con scene bibliche (per esempio il sacrificio di Isacco, il salvataggio di Mosè dal Nilo e la sua visione del roveto ardente, l’attraversamento del Mar Morto, l’unzione di Davide, Esdra, Elia, Ezechiele). Gli affreschi, che rispettano la legge ebraica nel senso di essere bidimensionali e di non ritrarre la Divinità, ma sono fortemente inconsueti nella tradizione, dopo la scoperta a metà del Novecento, sono stati staccati e sono conservati nel museo nazionale di Damasco. La speranza di molti ebrei che li conoscono solo in fotografia è di poterli finalmente vedere un giorno.