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    UNA STORIA ‘GRIGIA’ SU PIO XII. IL GIUDIZIO DEL RABBINO CAPO RICCARDO DI SEGNI

    Il prossimo 2 marzo sarà una data spartiacque nella lunga e mai risolta querelle sul giudizio da dare sul papato di Pio XII e sulla questione del silenzio della Santa Sede sulla deportazione degli ebrei romani. Per quel giorno infatti è prevista – finalmente – l’apertura degli Archivi vaticani che dovrebbe consentire a storici e a studiosi di consultare documenti fino ad ora segretati. Cosa succederà dall’analisi di questa enorme mole di documentazione ? Si potrà finalmente esprimere un giudizio definitivo, assolutorio o al contrario accusatorio, su una figura così controversa che guidò la Chiesa negli anni più bui della storia umana e mondiale ? È poi, soprattutto, coloro che avranno la possibilità di accedere allo studio della documentazione saranno in grado di esprimere un giudizio privo di preconcetti, basato solo e unicamente dall’analisi dei testi ?

    È da questi interrogativi che prende avvio una lettera del rabbino capo di Roma, rav Riccardo Di Segni, pubblicata oggi sul quotidiano torinese La Stampa.

    Innanzitutto Di Segni puntualizza che per la quantità e qualità della documentazione che sarà resa accessibile, lo studio e l’analisi che dovrà essere fatto “non è materia per dilettanti”, ma saranno necessarie “competenze sofisticate di tipo storico, politico, archivistico, diplomatico”. Di qui l’invito di Di Segni che auspica che “gli storici ideali dovrebbero lavorare come se fossero in una camera sterile ed isolata, liberi da qualsiasi pregiudizio e influsso, concentrati sui loro documenti e quello che significano”. Ma per il rabbino capo di Roma lo storico ideale è una pura utopia, che nella realtà non esiste, perché “da un lato ci sono gli apologeti a ogni costo, dall’altro gli accusatori inflessibili, ognuno con i suoi argomenti”. “Per amore della verità – scrive Di Segni – sarebbe utile trovare prove decisive in un senso o nell’altro, e potersi ricredere in base ai dati oggettivi; ma già è stato detto, e a ragione, che se ci fossero stati documenti decisivi da proporre, sarebbero stati divulgati da molto tempo, e che se ci sono effettivamente documenti decisivi non pubblicati non ci sono garanzie che vengano messi a disposizione degli studiosi”.

    La previsione della rabbino capo di Roma è che ci “vorranno anni per arrivare a qualche conclusione nuova, e chissà se sarà super partes e condivisibile. Ma nel frattempo bisogna stare attenti ad evitare che la linea difensiva diventi l’unica chiave di lettura a tutti i costi”.

    Negli anni bui dell’occupazione nazista di Roma, se da un lato è innegabile l’aiuto, l’ospitalità e l’asilo dato a molti perseguitati da alcune case religiose, è altrettanto innegabile il silenzio e la mancata protesta al rastrellamento e alla deportazione di migliaia di ebrei romani.

    “Il quadro degli eventi – conclude Di Segni – è molto più complesso e non si riassume in una semplificazione autoassolutoria. Quella su Pio XII non è una «leggenda nera», piuttosto una storia grigia, fatta di atti e segnali diversi. L’amicizia e la fraternità tra ebrei e cristiani alla quale siamo arrivati faticosamente e che desideriamo tutti mantenere e promuovere non può cancellare le complessità della storia precedente”.

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