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    Stop all’odio negli stadi. Perché oggi possiamo fermarli

    Dopo la pausa di un mese e mezzo vissuta durante i mondiali del Qatar è ripreso il campionato italiano di calcio di serie A, purtroppo con gli stessi vizi e gli stessi problemi legati al razzismo, all’antisemitismo, alla discriminazione territoriale, con i quali ci si era congedati prima della sosta.

    Quanto avvenuto negli stadi di Lecce, con gli ululati odiosi nei confronti dei giocatori di colore della squadra salentina da parte dei tifosi laziali al seguito della squadra bianco azzurra ed a Milano, con gli stessi cori riservati a Lukaku dai tifosi partenopei e gli altrettanto odiosi slogan contro Napoli ed i napoletani da parte degli interisti, rappresenta la cartina tornasole di un tifo malato che sfocia sempre di più in atteggiamenti delinquenziali che non hanno nulla a che fare con lo sport e con un momento di festa e di passione come quello di una partita di calcio.

    Purtroppo la recidività del fenomeno e la ciclicità con la quale alcune tifoserie in particolare si segnalano per questi comportamenti  è diventata insopportabile.

    E questo è un fenomeno trasversale che è presente in larga parte delle curve degli stadi italiani e che a questo punto non è più tollerabile.

    Chiunque frequenti uno stadio sa perfettamente che si è soggetti a ripetuti controlli, a biglietti e abbonamenti nominativi, con il posto precisamente assegnato e fatto rispettare dagli steward presenti all’interno degli impianti, ad una visione capillare effettuata con telecamere da parte delle forze dell’ordine che sanno perfettamente cogliere il comportamento di ogni singolo tifoso prima, durante e dopo la partita.

    Se veramente si vogliono individuare i responsabili di cori, striscioni e atteggiamenti razzisti, xenofobi o antisemiti dentro gli stadi  questo, con tutti i mezzi che ormai si hanno  a disposizione, si può e si deve fare.

    Sicuramente i comunicati e le prese di posizione nette di condanna da parte delle società calcistiche sono importanti ma non bastano più. Si deve arrivare ad una soluzione del problema attraverso dei Daspo che squalifichino “ a vita” chi si macchia dei comportamenti sopracitati e la giustizia sportiva deve essere coadiuvata da quella ordinaria nel cacciare definitivamente dagli stadi quegli elementi che poi infangano una intera tifoseria, al costo di svuotare intere curve e ripopolarle con chi va allo stadio per sostenere con amore la propria squadra di calcio senza offendere, insultare o vituperare gli avversari. 

     

    È uno sforzo enorme quello che si chiede e che richiede tempo e soprattutto un cambiamento culturale non semplice da mettere in pratica ma ormai indispensabile, soprattutto per l’emulazione che si crea attraverso certi comportamenti. Capita ormai troppo spesso di navigare sui social e trovare video sempre più offensivi e oltraggiosi con cori razzisti cantati da ragazzini ed adolescenti che in molti casi non sanno e non capiscono nemmeno fino in fondo il significato di quello che stanno scandendo e che reputano “normale” insultare ebrei, giocatori di colore oppure i giocatori slavi  definiti “zingari” in maniera denigratoria. Anche a questo fenomeno bisognerà porre un freno perché non è possibile accettare che chi posta video di questo genere rimanga impunito ed anche su questo è auspicabile che finalmente le autorità giudiziarie intervengano. Non è questo “giustizialismo” ma è la necessità legittima di vivere in un mondo più giusto e rispettoso, soprattutto che sia per le nuove generazioni un monito a non cedere a comportamenti demenziali e deprecabili. 

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