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    Stati generali dell’Unione delle Comunità. L’ebraismo italiano si interroga sul suo futuro

    Oltre 120 persone si sono date appuntamento al centro pitigliani a Roma: consiglieri dell’Unione delle comunità ebraiche, presidenti e consiglieri delle comunità sul territorio, professionali e semplici visitatori per discutere in dibattiti anche animati  si sono incontrati agli Stati generali dell’Unione delle comunità ebraiche italiani. È stata un’occasione particolare di discussione e riflessione. Ieri la mattinata è iniziata con il Consiglio dell’Ucei e la formazione delle commissioni. 

    Ma è stato nel pomeriggio che due temi hanno suscitato maggior discussione: il primo, introdotto da Elio Carmi della piccola comunità di Casale Monferrato, e nonostante  il titolo – “Sostenibilità delle piccole e medie Comunità ” – decisamente burocratico è sembrato poco capace di rappresentare la passione che l’argomento ha suscitato. Infatti se numericamente le comunità  ebraiche di Roma e Milano sono la maggioranza numerica dell’ebraismo italiano, le altre 19 comunità ebraiche presenti nel centro nord sono comunque presidi di vita e cultura ebraica sul territorio non solo testimoni di una importante presenza passata ma luoghi di resilienza identitaria. Certo – è stato replicato – esiste però la difficoltà di una vita ebraica compiuta: l’assenza di una scuola, la difficoltà ad osservare le mitzwoth, i precetti, ad iniziare dallo svolgimento della tefillà, la preghiera collettiva nucleo fondamentale della vita ebraica. 

    “Essere rabbini in Italia oggi” è stato il secondo tema: ad affrontarlo il rabbino capo di Milano Alfonso Arbib e Dario Calimani moderati da Dan Segre. Riflettere sul Rabbinato oggi significa però interrogarsi anche sul nostro ebraismo, sulla nostra relazione con l’osservanza, sulla difficoltà tutta ebraica-italiana, di inserirsi in un contesto ortodosso. È una realtà  piena di contraddizioni in cui si affaccia anche il mondo ebraico riformato, presente anche in Italia. Dalle comunità emerge comunque una richiesta forte: una leadership ed un Rabbinato capaci di essere più accoglienti, più capaci di integrare. Le risposte sono state diverse quanto le decine di domande. La proposta operativa dovrebbe essere la costituzione di una commissione che affronti con calma e senza pregiudizi i temi sul tappeto. 

    Oggi sono previste dei panel dedicati alla comunicazione. Anche il nuovo Shalom è presente con i suoi oltre Novecento articoli in pochi mesi. Non solo online ma anche nella discussione. 

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