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    Rosh Hashanà. Giorno del ricordo e di benevolenza

    Nella Tefillà di Mussàf il giorno di Rosh Hashanà è chiamato Yom Ha-Zikaròn, giorno del ricordo, e nella Torà, Yom Teru’à, giorno del suono dello shofàr (Bemidbàr, 29:1). Alla conclusione della principale berakhà di Mussàfdiciamo: “Benedetto tu, Eterno, che regna sull’universo intero e che dà kedushà a Israele e al giorno del ricordo”. Qual è il significato di “giorno del ricordo”?

    R. Shelomò Zalman Rivlin (Gerusalemme, 1884-1962) in Midràsh Shelomò (p. 11) spiega che il giorno di Rosh Hashanà è un giorno nel quale vengono a giudizio (din) tutte le creature. È anche il giorno più adatto al ricordo (zikaròn) degli atti di benevolenza dei patriarchi e al ricordo dei meriti di tutto il popolo d’Israele. In questa occasione ognuno di noi deve avere presente il principio di “misura per misura”, come spiegato da  R. Hillel Rivlin da Shklov (Belarus, 1758-1838, Gerusalemme), discepolo del Gaon di Vilna, che disse: “Tu viene a chiedere che l’Eterno si ricordi dei tuoi meriti e di quelli dei tuoi antenati; prima di tutto è tuo dovere che ti ricordi della benevolenza di Dio nei tuoi confronti e anche degli atti di benevolenza che hai ricevuto dal tuo prossimo. Questo perché chi si comporta da ingrato non ha diritto di chiedere la benevolenza dell’Eterno nel “giorno del ricordo”. E quando nella tefillà di Rosh Hashanà diciamo: “Conserva di noi un buon ricordo” e “Ricordaci per la vita”, dobbiamo anche ricordarci di quello che dobbiamo all’Eterno e al prossimo”.

    R. Rivlin (ibid., p 17) aggiunge che nella tefillà di Mussàf citiamo il versetto nel quale ricordiamo i meriti dei patriarchi dei quali beneficiamo fino ad oggi: “E ricorderò il Mio patto con Ya’akòv e anche il Mio patto con Yitzchàk, e ricorderò il Mio patto con Avrahàm e ricorderò la terra (Vaykrà, 26:42)”.  Per quale motivo Ya’akòv che era il terzo dei patriarchi viene menzionato per primo e Avrahàm che era il primo viene menzionato al terzo posto? La spiegazione è che Ya’akòv beneficiò dei meriti del padre Yitzchàk e del nonno Avrahàm; Yitzchàk beneficiò dei meriti del padre Avrahàm.  Avrahàm invece (che fu il primo ebreo) non aveva con se i meriti del padre o dei suoi antenati e l’unico merito che aveva era il merito della terra d’Israele. Avrahàm fu il primo che fece ‘alià in Eretz Israel obbedendo all’ordine dell’Eterno che gli disse: “vattene dalla tua terra…” (Bereshìt, 12:1). Il merito della terra fa parte del patto tra l’Eterno e Avrahàm e della promessa dell’Eterno di dare per sempre la terra d’Israele ad Avrahàm e ai suoi discendenti.

    Il motivo della benevolenza è elaborato da R. Tzadòk Hakohen Rabinowitz (Courland, 1823-1900, Lublino) in Perì Tzaddìk (Parte quinta, p. 252). R. Tzadòk cita il passo nel libro di Nechemià (8:9-10) dove è scritto: “Nechemià, che era il governatore, ‘Esra, kohèn e sofèr, e i leviti che ammaestravano il popolo dissero a tutto il popolo: «Questo giorno [Rosh Hashanà] è consacrato all’Eterno, vostro Dio; non fate lutto e non piangete!». Infatti tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della Torà. Poi [Nechemià] disse loro: «Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci e mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato, perché questo giorno è consacrato al nostro Signore; non vi rattristate, perché la gioia dell’Eterno è la vostra forza»”.

    R. Tzadòk scrive che in nessun altro Yom Tov vi è la mitzvà di mandare porzioni. Citando il Talmud (‘Avodà Zarà, 5b) dove è detto che “chi si occupa di Torà e di fare bene al prossimo (ghemilùt chassadìm) è in grado di controllare i propri istinti”, egli aggiunge che “A chi si occupa di Torà e di fare il bene al prossimo vengono perdonati tutti i peccati” (T.B., Berakhòt, 5a).   

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